Urzì: “12 milioni oltre ai finanziamenti UE che potevano essere investiti meglio”
La III Commissione legislativa del Consiglio provinciale di Bolzano si è recata in visita alla cittadella dell’idrogeno nel cuore della “Spaghettata” presso il casello autostradale di Bolzano sud dell’Autostrada del Brennero. Una visita chiesta ripetutamente dal consigliere Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore, ex AN): “l’avevo richiesta ripetutamente per garantire trasparenza ed adeguata informazione sui progetti della Provincia in questo campo in cui non esiste invero ancora alcuna certezza a livello internazionale, sulla fruibilità della tecnologia sul piano pratico, e finalmente è stata accordata. Era necessaria dopo la vivace polemica sull’esplosione dei costi sulla tecnologia dell’idrogeno e l’impegno in ‘Finanziaria’ per l’acquisto di cinque bus alimentati ad idrogeno per una spesa complessiva di 9 milioni di euro”.
Tranciante il giudizio dell’esponente politico: “l’investimento è di quelli che può essere considerato a fondo perduto”. Secondo Urzì il quadro della spesa di cui sino ad oggi si è fatta carico la provincia di Bolzano nella tecnologia dell’idrogeno, con particolare riferimento a quello per autotrazione, ammonta a 500.000 euro, per sei anni consecutivi (sono state già stata impegnate le rate per i tre anni a venire), per lo studio sulle forme di investimento nel settore, 6.400.000 euro per le spese di gestione dell’IIT, la società mista privata pubblica fondata solo qualche anno fa, 200.000 euro di capitale sociale (il 20% della medesima IIT), 9 milioni di euro per l’acquisto ed il servizio per cinque anni di cinque bus ad idrogeno. “Il che vuole dire – secondo Urzì – detratti i pur corposi finanziamenti dell’Ue, circa 12 milioni di euro, tondi tondi, destinati a divenire molti di più nei prossimi anni, quando la tecnologia per decollare avrà bisogno di realizzare altre infrastrutture sul territorio. Senza considerare che la realizzazione della cittadella dell’idrogeno (che sarà costituita da un centro servizi, una centrale di produzione ed una di stoccaggio, oltre ad un distributore nel posteggio di Bolzano sud) è stata a carico della Società autostrada del Brennero (quindi sempre denari pubblici) ed è costata quasi 5 milioni e mezzo di euro”.
Secondo i critici, il problema centrale è che la tecnologia su cui la Provincia ha deciso di investire in questi tempi di gravissima crisi non è in alcun modo considerata una tecnologia di utilizzo a breve termine, anzi è ancora tutto da verificare che la strada venga seguita. Anche in paesi molto avanzati come la Germania si contano solo alcune stazioni di rifornimento a titolo assolutamente sperimentale e non certo una rete di erogazione dell’idrogeno capillare capace di sostenere un mercato dell’autotrazione pubblica e dell’automobile a breve termine. “Ecco spiegato il concetto dell’investimento a fondo perduto: si investe – dice Urzì – ma senza sapere se l’investimento avrà un ritorno, come ammesso candidamente solo qualche tempo fa dall’assessore Widmann. Ed oggi ribadito con toni ancora più perentori da Walter Pitscheider, neo amministratore delegato di A22 che ha ammesso che di quello che oggi si spende non tornerà indietro nulla”.
Ed allora perché spendere? Il presidente di IIT (la società mista pubblico-privata che sta seguendo il progetto), Walter Huber (già dirigente della ripartizione ambiente della provincia di Bolzano, ora in pensione), disegna uno scenario da sogno: un domani avremo un sistema della locomozione in ampia parte ad idrogeno perché è l’energia più pulita e sicura (anche se a tutt’oggi non esiste ancora una tecnologia consolidata in grado di contenere in modo economico questo gas che a contatto con l’aria ha la spiacevole tendenza ad esplodere…) in assoluto. E la provincia di Bolzano vuole essere una “green region”, fra le prime a potersi fregiare di questo titolo a livello continentale. “Un azzardo, oggi. Come detto: solo spese e nulla di certo. Quello che si realizza oggi potrebbe domani essere chiuso” commenta Urzì.
Ai dubbi dei consiglieri, Huber rilancia con ottimismo: “la tecnologia prenderà piede e noi saremo pronti a fare da anello di congiunzione fra Italia e Germania aprendo un corridoio verde attraverso le Alpi. E le aziende altoatesine se ne avvantaggeranno realizzando impresa, investimenti, guadagni e progresso”. Peccato solo sia uno scenario futuribile, con le prime possibili ricadute positive stimate a partire dal 2025 circa. Non prima. Sino adesso ci sono solo i conti in rosso e le spese. Comprese quelle dei cinque bus che (comprendendo le spese di esercizio, ci tengono a precisare) costeranno nove milioni per i prossimi cinque anni. E saranno in servizio a Bolzano. Quando con la stessa cifra si sarebbero potuti acquistare almeno una ventina di ecologici autobus diesel-elettrico, quanto di meglio oggi ci sia per contenere i consumi e l’inquinamento, tenendo bassi i costi d’esercizio.
Nella società che sta investendo sull’idrogeno che ancora non c’è (si presume che l’apertura della centrale di distribuzione e di erogazione per l’autotrazione avverrà nel febbraio del 2014) partecipa la provincia di Bolzano al 20%, l’A22 al 33%, la Sel (la Società elettrica provinciale) con il 20%, il 10% della Leitner, e la restante parte divisa fra Gpi di Trento, Eurac, Sgs, mentre si cercano partner privati per l’assegnazione del restante 11%.
“Un investimento che potrebbe essere importante, per il futuro: l’ente pubblico ci mette i capitali e i privati se ci sarà l’affare se ne avvantaggeranno –commenta Urzì – ma questione dovrà tornare ad essere posta in sede istituzionale e politica. Una verifica si rende quantomai opportuna se non necessaria su come sia stato utilizzato il denaro pubblico”.