All’Università di Trento seminario con gli eurodeputati Cancian, Panzeri, Rossetti
L’Europa attuale non basta, è insufficiente. C’è bisogno di più Europa, anche se si moltiplicano le spinte antieuropeiste. E il momento per il rilancio, nonostante tutto, è ora. Questo, in sintesi, il messaggio lanciato dai tre eurodeputati intervenuti alla tavola rotonda organizzata alla Facoltà di sociologia di Trento nell’ambito dell’evento “L’Italia in Europa, l’Europa in Italia”, organizzato dalla provincia di Trento – Servizio Europa, dal Centro Jean Monnet e dalla presidenza del Consiglio dei Ministri.
Sul palco gli onorevoli Pier Antonio Panzeri e Antonio Cancian, entrambi in forze al Parlamento europeo, e l’ex eurodeputato Giorgio Rossetti, oggi presidente dell’associazione Dialoghi europei. Tre esponenti politici dell’Italia del Nord e del NordEst, impegnati in vari ambiti e all’interno di diverse commissioni, che hanno dialogato con il pubblico – fra cui molti studenti – su un ampio ventaglio di temi, da quelli legati allo sviluppo, anche superando l’attuale politica di austerità, a quelli dell’allargamento della Ue e della cessione di sovranità.
A monte del dibattito, un paradosso è emerso nel corso di una tavola rotonda: la globalizzazione, la delocalizzazione delle imprese, le migrazioni internazionali sono fenomeni irreversibili a cui si può rispondere solo con un “più Europa”, ma il clima culturale di fondo è dominato dall’indifferenza o dall’ostilità nei confronti del processo di unificazione. Non solo: contraddizioni emergono anche in sede comunitaria, come evidenziato dalla recente bocciatura, da parte del Parlamento (organo eletto dai cittadini), del bilancio dell’Unione 2014-2020 predisposto dal Consiglio europeo.
A fronte di ciò, anche la cessione di quote crescenti di sovranità dagli Stati membri all’Europa avviene spesso in maniera non chiara, inadeguata, non negoziata: il risultato è ad esempio la crescente sfiducia nei confronti della moneta unica e le spinte per il ritorno alle monete nazionali. Molto va fatto fuori e dentro gli stati membri, dove gli stessi eurodeputati sono di fatto più legati ai collegi di provenienza, stretti nella morsa della pressione dovuta al loro lavoro in sede comunitaria e dalla necessità, propria di ogni politico eletto, di tenere i contatti con i suoi elettori. A farne le spese è la cultura europea del Paese nel suo complesso, come lamentano i giovani: partecipare agli Erasmus, studiare all’estero, è sì importante, ma non basta a formare una coscienza delle problematiche relative all’integrazione europea. Ci vuole anche un salto di qualità dell’Europa, rispondendo nell’immediato alle urgenze poste dalla crisi economica con il rilancio di una politica espansiva ma avendo anche di fronte un orizzonte ampio e di lungo periodo.