Appello di Pavin ai sindaci: “non alzate l’aliquota per evitare il collasso”. L’austerità fiscale del Governo Monti senza crescita sta avvelenando le imprese
Smaltite le promesse da campagna elettorale, c’è una nuova manovra fiscale già scritta pronta a colpire le imprese del Veneto e d’Italia. Per l’Imu di fabbricati produttivi e alberghi il 2013 porta una nuova stangata. Il rincaro minimo sarà dell’8,3%, con un gettito di 523 milioni di euro e un maggiore esborso di 40 milioni rispetto al 2012 (a Padova 71,5 milioni, 5,5 più del 2012). Ma gli aumenti potrebbero superare il 40% e arrivare anche al raddoppio dell’imposta nei comuni che prevedevano sconti, da quest’anno cancellati, accanendosi su aziende già in affanno di liquidità.
È l’effetto di un altro “scalino” che risale al scellerato decreto “Salva Italia” di fine 2011, che interviene sul moltiplicatore della rendita catastale, aumentato da 60 a 65 (dopo esser passato l’anno scorso da 50 a 60), ma anche delle nuove regole della “Legge di stabilità”. Quest’ultima prevede che l’Imu 2013 calcolata sull’aliquota base del 7,6 per mille sia incassata per intero dallo Stato e cancella la facoltà per i comuni di applicare sconti. Per gli enti locali c’è invece la possibilità di alzare l’aliquota fino al 10,6 per mille, incassando il gettito eccedente. Se tutti i comuni del Veneto imboccheranno la via dell’aumento, per compensare buchi di bilancio e tagli ai fondi (soprattutto nei casi in cui capannoni e alberghi offrono una parte consistente della base imponibile), il gettito sarebbe di 652 milioni di euro, con un maggiore esborso per le imprese di 170 milioni: +35,1% rispetto al 2012, ma +112% rispetto alla vecchia Ici. A Padova il gettito stimato è di 93,5 milioni di euro, 27,5 milioni più del 2012 (+41,8%, ma +130,8% rispetto all’Ici).
Confindustria Padova, utilizzando i dati dell’Agenzia del Territorio, ha stimato l’impatto dell’Imu 2013 sul sistema produttivo regionale lanciando l’allarme rosso. La simulazione ha riguardato tutti gli immobili colpiti dal rincaro che il Catasto inserisce nella categoria D: opifici e fabbricati industriali, alberghi, ma anche teatri, case di cura e centri sportivi (escluse banche e assicurazioni che hanno già assorbito tutti i loro aumenti nel 2012). La stima elaborata dall’Ufficio studi di Confindustria Padova ha applicato alla rendita catastale il nuovo moltiplicatore (aumentato da 60 a 65), ricavando l’imponibile Imu. A questo punto si profilano due scenari possibili. Il solo aumento automatico e lineare dell’8,3% comporterebbe un gettito di 523 milioni di euro, con un maggiore esborso di 40,2 milioni rispetto al 2012. Nel secondo scenario, gli aumenti di aliquota da parte dei comuni fino al massimo di legge (10,6 per mille) farebbero lievitare il gettito a 652 milioni, con un maggiore esborso di 170 milioni (+35,1% rispetto al 2012). Impietoso il confronto con la vecchia Ici: +70% nel primo scenario, +112% nel secondo. Un salasso che con Iva e Tares completa la stangata in arrivo nella seconda parte di quest’anno sulle aziende.
“In un quadro di vuoto politico e incertezza – avverte il presidente di Confindustria Padova, Massimo Pavin – l’unica amara certezza è un cocktail fiscale che avvelena le imprese. I rincari Imu, annunciati e non, gli aumenti di Iva e Tarsu, aggraveranno ulteriormente il carico in un momento drammatico di recessione, in cui qualunque timido segnale di risveglio rischia di essere soffocato e la liquidità fa la differenza”. Da qui l’appello di Pavin ai sindaci dei 581 comuni veneti, “a non aumentare l’aliquota base sui fabbricati strumentali all’attività produttiva, per evitare il collasso delle imprese”. “Pur comprendendo le ristrettezze di bilancio in cui sono costretti – continua Pavin – chiedo ai sindaci un gesto di responsabilità per non uccidere un pezzo della nostra industria. Il rischio è perderlo definitivamente”.
Per il presidente degli industriali padovani, “le risorse dei comuni vanno trovate altrove, a cominciare dall’allentamento del Patto di stabilità interno, a cui il Consiglio dei ministri ha dato una prima parziale risposta per sbloccare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso i fornitori. Al di là dell’emergenza, serve uno shock competitivo per la crescita e nuove regole per permettere agli enti virtuosi e con bilanci sani di sbloccare risorse per investimenti, infrastrutture, sostegno all’export, occupazione. Non si rimette in moto un Paese fermo con la sola linea del rigore e dell’austerità fiscale senza crescita. Che, al contrario, lo sta uccidendo”.