Bene il recital di Gino Paoli e Danilo Rea al Teatro Filarmonico di Verona

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Gino Paoli Danilo Rea 1
Gino Paoli Danilo Rea 1Anche il CD che accompagna il tour “Due come noi che…” conferma le qualità musicali e vocali del duo
di Giovanni Greto

Esistono canzoni che non lasciano il segno. Le ascolti solo perché la radio è accesa e sei troppo pigro per spegnerla. Oppure sei impegnato in un’attività casalinga. Forse stai guidando e non riesci a sintonizzarti su un’altra stazione. Sono canzoni buttate là, che durano il tempo di un ascolto, e delle quali domani, non solo non ricorderai il titolo, ma neppure che melodia o ritornello avessero.

Le canzoni di Gino Paoli sembrano non conoscere il trascorrere degli anni. Non cadono nell’oblio. Anche se credi di averle dimenticate, ti bastano le prime note, un pedale insistente, l’inizio del tema, per sentirle vive come quando apparvero la prima volta. Merito del cantautore, il quale, anche se non è in possesso di una voce musicalmente impeccabile, o forse proprio per questo, e grazie ad un gusto o ad una scelta interpretativa, ti inchioda all’ascolto finché il brano non si conclude. Nell’ottima acustica del Teatro Filarmonico di Verona, Paoli e il pianista Danilo Rea, un duo musicale affiatatissimo, hanno eseguito una scaletta di 23 canzoni – oltre ad un’apprezzata medley di solo piano – che conteneva tutti i successi immortali dell’artista genovese : da ‘Sapore di sale’ a ‘La Gatta’, da ‘Sassi’ a ‘Che cosa c’è’, da ‘Questa lunga storia d’amore’ a ‘Senza fine’, terzo e conclusivo bis per un pubblico che ha attribuito applausi solo alla fine di ogni brano, forse per non voler interrompere quella magia che si era creata. E’ stata una scelta giusta, che ha fatto apprezzare, oltre alle sue canzoni, gli omaggi alla canzone napoletana – ‘O sole mio’, ‘Reginella’-, a quella francese – ‘Que reste-t- il de nos amours’, ‘Albergo a ore’, ‘Non andare via’-, agli amici di un tempo che se ne sono già andati – ‘Vedrai vedrai’ di Luigi Tenco, ‘Se tu sapessi’ di Bruno Lauzi, ‘Il nostro concerto’ di Umberto Bindi, ‘Canzone dell’amore perduto’ di Fabrizio De Andrè.

Ottime le intuizioni di Danilo Rea, in grado di stimolare e sostenere un artista non più giovane, ma che tuttavia riesce a dare il meglio di sé, grazie anche ad improvvisazioni mai banali, che hanno felicemente riletto armonie e melodie già ricche di per sé. Del repertorio eseguito facevano parte 12 su 15 canzoni contenute nell’ultimo CD “Due come noi che…” (Parco della musica Records), che ha dato anche il titolo a questa intensa tournee. Proprio ascoltando e riascoltando il disco si potrebbe pensare che a 78 anni un musicista, in particolar modo un cantante, abbia perduto molto delle sue qualità vocali, oppure che gli riesca difficile l’intonazione, o che non riesca ad essere sempre puntuale nelle entrate. Niente di tutto questo sembra riguardare Gino Paoli, che insieme al pianista Danilo Rea ha dato vita ad un disco delizioso, a tratti commovente, nel senso che sensazioni di brivido attraversano il corpo di chi lo ascolta.

In poco più di 51 minuti, i due affiatatissimi musicisti intrepretano 15 canzoni, oltre ad una velocissima esposizione del tema in solitudine da parte di Rea di ‘Bocca di Rosa’ di Fabrizio De Andrè. In scaletta, accanto ai pezzi di Paoli, ce ne sono tre degli amici genovesi: ‘Canzone dell’amore perduto’, di Fabrizio De Andrè, ‘Vedrai vedrai’ di Luigi Tenco, ‘Se tu sapessi’ di Bruno Lauzi. Sono gli amici di una vita, tutti scomparsi, che impropriamente la critica vuole ricondurre ad una scuola genovese che non c’è mai stata. “Eravamo straordinarie individualità”, commenta Paoli. Tra i brani immortali, che ad ogni interpretazione acquistano una luce nuova, ‘La gatta’, ‘Che cosa c’è’ e ‘Il cielo in una stanza’, collocata a fine CD, forse una delle più belle canzoni, capace di descrivere l’amore tra un uomo e una donna. La si apprezza ancora di più, grazie all’arrangiamento e al tocco delicato ed emozionante di Danilo Rea. Un suono splendido, il suo, che permea tutto il disco e che fa preferire la scelta del duo rispetto alla precedente incisione, 5 anni fa, che allineava, sempre con Rea al pianoforte, Enrico Rava alla tromba. Peccato che nel disco non compaiano l’onomatopeica ‘Sapore di sale’ e il delizioso tre quarti ‘Senza fine’. Le troveremo in una prossima incisione e magari nelle esibizioni dal vivo?