Pavin (Confindustria Padova). “meno spesa, meno tasse”. Luci (Confindustria Udine): “occorre favorire la competitività delle imprese”
Le elezioni per il rinnovo del Parlamento sono imminenti e il mondo dell’economia s’interroga sul dopo, su cosa fare per uscire da una crisi che sembra essere senza fine uscita, complice anchele scelte profondamente sbagliate compiute nel corso dell’ultimo anno dal Governo Monti che hanno ulteriormente appesantito la già non eccezionale competitività del sistema produttivo italiano.
Fisco e burocrazia: sono le morse che strangolano l’economia reale e soffocano la crescita, su cui il nuovo Governo dovrà agire d’urgenza. Almeno pari a quella con cui dovrà tagliare la spesa pubblica, precondizione per liberare risorse per la crescita e ridurre il prelievo. Per gli imprenditori padovani sono queste le priorità che qualunque Governo uscirà dalle urne dovrà mettere in cima alla sua agenda. È quanto emerge dal sondaggio realizzato da Ufficio Studi di Confindustria Padova e Fondazione NordEst a dicembre su un campione di 325 capitani d’impresa.
“L’Italia è ferma. Gli ultimi dati su produzione e Pil (-2,2% nel 2012) ripropongono con crudezza l’emergenza crescita – dichiara il presidente di Confindustria Padova, Massimo Pavin -. Eppure non sembra esservi sufficiente consapevolezza, tra chi si candida a guidare il Paese, che questa è la vera, assoluta emergenza. La crescita non arriva per decreto, tuttavia si può fin d’ora tracciare la rotta, al di fuori dei proclami elettorali, con almeno quattro priorità immediate: rendere concretamente esigibili i crediti commerciali delle aziende verso la pubblica amministrazione, realizzare una massiccia semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi che ostacolano le attività d’impresa e gli investimenti produttivi, avviare un’operazione mirata e selettiva di riduzione della spesa pubblica, mettere in campo una seria, credibile riduzione della pressione fiscale, con priorità assoluta al taglio del cuneo fiscale e dunque in direzione del lavoro. Insomma, meno spesa pubblica, da tradurre – a parità di saldi – in contestuali tagli alle imposte. È questo il patto che chiedono le imprese a chiunque governerà il Paese”.
Per il 40% degli imprenditori il provvedimento che il nuovo Governo dovrà affrontare con più urgenza è il taglio della spesa pubblica. Seguono la riduzione delle tasse sulle imprese per il 22,8% e sulle persone (12,8%) e l’area della semplificazione burocratica e fiscale (11,8%). Più indietro il completamento della riforma del mercato del lavoro (2,5%). Insomma, è netta tra gli imprenditori la consapevolezza che solo una più drastica e selettiva, non lineare, riduzione della spesa pubblica può liberare le risorse necessarie a sostenere politiche espansive per la crescita (investimenti, innovazione, infrastrutture) e a ridurre una pressione fiscale che la stessa Banca d’Italia ha definito incompatibile con gli obiettivi di crescita. Una svolta da imprimere in fretta. Tanto più che il punto di svolta dell’economia si sposta sempre più in là. Per quasi sei imprenditori padovani su dieci (58,8%) l’uscita dell’Italia dalla crisi è rinviata a “dopo il 2013”, solo il 14,5% vede la svolta entro fine anno. Il giudizio è meno negativo riguardo le prospettive della propria azienda: la maggioranza relativa degli imprenditori (37,6%) ritiene che la ripresa prenderà corpo “dopo il 2013”, il 15,1% entro fine anno. Per uno su dieci la ripresa “è già in atto”. Ma il 22,9% non ha un’idea precisa sulle prospettive della propria azienda. Insomma, si naviga a vista.
“Sulla spesa pubblica – insiste Pavin – c’è una diffusa reticenza. Uno stock di 800 miliardi di euro che ha continuato a crescere negli ultimi dieci anni, dove si annidano sprechi, inefficienze e l’invadenza della politica. La proposta di Confindustria è tagliare la spesa corrente dell’1% all’anno, anche rinunciando a ogni incentivo alle imprese. Ma dobbiamo dirci con chiarezza che comprimere la spesa significa superare tabù finora intoccabili, come la soppressione delle province e l’accorpamento dei comuni, come il pubblico impiego, dove ci sono punte di eccellenza ma anche sacche di improduttività e di inefficienza. Dal nuovo Governo ci aspettiamo che dica che questi tagli vanno fatti per un dividendo comune: abbassare le tasse sul lavoro e le imprese e crescere tutti di più. Le forze politiche dicano con chiarezza, in queste ultime ore di campagna, cosa sono disposte a fare”.
Il presidente di Confindustria Udine Adriano Luci guarda già al dopo elezioni: “più che a guardare quello che succederà domenica e lunedì, il mio interesse principale va a martedì prossimo per capire se chi ci governerà, chiunque esso sia, metterà finalmente in atto quelle riforme ineludibili di cui hanno bisogno l’Italia e la nostra economia”. Luci si dichiara uno “spettatore ‘deluso’ di una tormentata campagna elettorale piena di promesse e annunci eclatanti. Stenderei un velo pietoso su quello cui abbiamo assistito in queste settimane visto che di parole, di insulti e di delegittimazioni reciproche ne abbiamo sentite davvero tante, mentre invece si è parlato molto poco di temi cari a noi imprenditori come il rilancio del manifatturiero italiano, la riforma della macchina amministrativa e il ripristino della fiducia. Ciò che mi preme ora, lo ribadisco, è voltare pagina e guardare a dopo il voto”.
Per il presidente di Confindustria Udine l’elenco delle cose da fare è lungo. “L’Italia è in recessione e dubito fortemente che il 2013 sia davvero l’anno della ripresa. Da qui – evidenzia Luci – la necessità di affrontare, sin da martedì prossimo, almeno quattro priorità per rilanciare la crescita: in primo luogo rendere effettivamente esigibili i crediti che le aziende vantano nei confronti della pubblica amministrazione (dai 60 ai 70 miliardi di euro); avviare poi da subito una massiva operazione di semplificazione degli adempimenti burocratici ed amministrativi che ostacolano le attività di impresa e gli investimenti; attuare, quindi, una seria, graduale e credibile riduzione della pressione fiscale con una priorità inderogabile per il taglio del cuneo fiscale riconoscendo la rilevanza del fattore lavoro sia dal punto di vista del rilancio della produttività sia da quello del sostegno ai consumi; avviare una azione mirata e selettiva di riduzione della spesa pubblica”.
C’è anche una quinta priorità, meno dibattuta, su cui Luci invita a riflettere: “occorre favorire la competitività tra imprese in un mercato libero in cui tutti partano alla pari. Vanno riviste cioè le distorsioni create dal ‘concordato con continuità’, una legge mutuata dal mondo anglosassone per risolvere le grandi crisi aziendali: questa normativa, pur ampiamente condivisibile nelle sue finalità, comporta così com’è pensata una situazione di grave disequilibrio nel nostro sistema economico con imprese ‘fuori mercato’ che, sfruttando le opportunità date loro dal concordato, fanno concorrenza anomala alle aziende sane del Paese”.