Mart, dopo dieci anni la grandeur è finita

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MART presidente franco bernabè cristiana collu
MART presidente franco bernabè cristiana colluVa in scena la difficile arte di arrangiarsi facendo mostre con poche risorse. Scoppia il bubbone della politica culturale trentina che ha investito centinaia di milioni di euro in scatole costosissime da mantenere. Dopo il Mart, ora tocca al Muse

Dopo dieci anni vissuti all’insegna della grandeur e dei soldi facili, ora i nodi vengono al pettine anche per un museo come il Mart di Rovereto, il costosissimo balocco dell’arte moderna costruito da un insigne architetto di fama mondiale come Mario Botta (130 milioni il suo costo) che ora ha difficoltà a fare quadrare i costi della gestione quotidiana sotto i tagli (doverosi) della revisione della spesa pubblica e pochi mecenati disposti ad investire su una struttura che soffre di marginalità e di difficoltà di comunicazione con le grandi realtà culturali nazionali ed europee.

Questo il quadro che si viene a trovare la nuova gestione del Mart affidata alla giovane direttrice Cristiana Collu proveniente dal Man di Nuoro che ha sostituto Gabriella Belli andata a dirigere i Musei civici di Venezia. Un quadro di difficoltà ammesso anche dallo stesso presidente del Mart, quel Franco Bernabè, che si trova a gestire anche un’altra impresa perigliosa come quella di Telecom Italia (che ha appena comunicato il dimezzamento del dividendo per il 2013 per la felicità dei suoi azionisti).

Museo MART 2002 Pino MusiIl 2013 sarà per il Mart un anno difficile: “da un bilancio di 5 milioni di euro come dote media degli ultimi anni per l’allestimento delle mostre – sottolinea Bernabè – quest’anno avremo a disposizione 1,5 milioni per giungere a 500.000 euro nel 2015. Cifre cui vanno aggiunti i fondi per la gestione ordinaria del museo, difficilmente comprimibili, che ammontano a circa 6 milioni di euro all’anno, in gran parte determinati dagli stipendi dei 61 dipendenti diretti e dagli 89 in servizi di appalto esterni”.

Le cifre sono state diffuse dai vertici del Mart in occasione della presentazione in anteprima del “Rapporto 2012”, un librone con cui il Mart intende dare conto della propria attività e di come sono stati spesi i soldi dei contribuenti. Nel tomo di 300 pagine che inaugura una sorta di “glasnost” martiana dopo gli anni di oscurantismo della gestione Belli, si possono leggere evento per evento i numeri che contano. In dieci anni d’attività, la provincia di Trento ha alimentato le casse del Mart con 88,3 milioni di euro, che però non sono stati sufficienti a far decollare definitivamente il Mart nell’orbita dei musei che “contano”, tanto che nel 2012 il numero dei visitatori è drasticamente calato: 183.158, con una perdita di oltre il 30% rispetto al 2011, anno record con 308.000 visitatori (senza dimenticare che circa il 20% del totale entra comunque gratis).

Un quadro assai poco rassicurante, perché testimonia puntualmente come la politica degli anni passati (che, purtroppo, continua anche ora) tutta dedita ad investimenti faraonici senza chiedersi poi come si farà a riempire di contenuti e a garantirne la gestione puntuale di strutture obiettivamente magnificenti sia miseramente fallita. I soldi dell’autonomia speciale sono sostanzialmente sprecati nell’autocelebrazione del potere (quello politico di qualche assessore e quello gestionale di qualche direttore) con la costruzione di costose cattedrali che poi vanno in rovina per mancanza delle risorse per la gestione del quotidiano. Così è stato per il Mart e così s’avvia ad essere l’altra cattedrale della cultura trentina, il Muse. A pochi mesi dalla sua apertura a Trento, il nuovo moloch costruito per soddisfare l’ego di pochi spendendo la bellezza di 70 milioni di euro per un edificio realizzato da un’altra archistar (Renzo Piano) sta già facendo i conti con i costi eccezionalmente alti di gestione (circa 7 milioni di euro all’anno), con la munifica provincia di Trento che sta cercando di convincere in tutti i modi possibili le categorie economiche ad investire nella sua vita quotidiana nel tentativo di alleggerire i costi. Tentativi fin qui miseramente falliti.

Che fare per evitare la Waterloo finale della cultura in declinazione “mega” fin qui tenuta? Tante piccole cose, ad iniziare da una maggiore sobrietà praticata, riducendo consulenze ed incarichi (spesso concessi con incarichi discrezionali) e risparmiando su ogni cosa, compresa la più piccola (nel caso del Mart, perché ostinarsi a spedire inviti postali in formato fuori standard stampati su carte di pregio che oltre a costare un occhio sia per la stampa che per la loro diffusione postale giungono puntualmente a inaugurazioni già svolte: più efficiente e tempestiva la posta elettronica o gli sms. Oppure la stampa su carta del “Rapporto 2012” destinato rapidamente a finire al macero: anche qui molto più comodo ed economico un documento PDF. Per non dire della ridondanza di un servizio di comunicazione).

Ora si aspettano i fatti e compito degli amministratori sarà quello di fornire alla collettività eventi alla portata del pubblico senza strafare e contenendo al massimo la spesa.