Il comparto primario al centro dell’attenzione della politica locale
La Regione Friuli Venezia Giulia chiede con forza all’Unione Europea che nella fase di programmazione comunitaria del nuovo Programma di sviluppo rurale (PSR) sia posta attenzione alle necessità strutturali del comparto agricolo, e in tal senso sia sostenuto l’adeguamento del sistema irriguo per assicurare alle aziende la possibilità di essere competitive sui mercati. Questo il messaggio che l’assessore regionale alle risorse rurali, agroalimentari e forestali, Claudio Violino, ha voluto trasmettere all’inaugurazione della 48. edizione di Agriest, quest’anno focalizzata su Agriest Tech, ovvero le nuove tecnologie per il mondo rurale, aperta al quartiere fieristico udinese a Torreano di Martignacco, fino a domenica.
L’agricoltura del Friuli Venezia Giulia, se presenta innumerevoli spunti di tipicità (sono 155 i prodotti tipici registrati), dunque di eccellenza e di qualità, risente infatti della carenza di strutture irrigue che le possano consentire di superare periodi siccitosi come quello che ha colpito le aziende lo scorso anno.
L’intervento a conclusione dell’articolato convegno inaugurale di Agri Tech, che aveva per tema ‘Tipicamente Friulano, Tipicamente Europeo – Il Programma di Sviluppo Rurale in prospettiva tra innovazione, produttività e sostenibilità’, sviluppatosi tra le relazioni di rappresentanti del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, della Regione Lombardia, e di funzionari della Regione, che hanno ampiamente illustrato lo stato dell’arte degli interventi a vantaggio dell’agricoltura del Friuli Venezia Giulia, e le potenzialità e prospettive. Tipicamente Friulano-Tipicamente Europeo: un argomento che è sostenibile. Sia nella realtà del Friuli Venezia Giulia che in quelle del resto del continente europeo vi sono infatti peculiarità che vanno difese, salvaguardate, valorizzate, e che rappresentano la identità locale e dei diversi territori. Dal Trattato di Roma, che ha sancito nel 1957 l’avvio della UE, a oggi, e anche per il futuro, la politica agricola del nostro Paese, dunque anche quella del Friuli Venezia Giulia, discende dalle decisioni comunitarie e va attuata sul territorio.
D’altro canto, se le agricolture locali, come quella della regione, potranno continuare a esistere, sarà solo attraverso la valorizzazione della qualità e delle tipicità. Tipica è per esempio la produzione del Prosciutto di San Daniele, che non può essere replicata o delocalizzata. Così come le produzioni di altre filiere quali quelle dei vini e del Formaggio Montasio. Filiere di tipicità, dunque, per assicurare alla ruralità regionale la capacità di mantenere il suo ruolo sui mercati capitalizzando l’essenza delle carature del territorio e della cultura del territorio. Un versante sul quale l’agricoltura del Friuli Venezia Giulia non teme rivali, nonostante sia composta da realtà di troppo piccole dimensioni: la superficie media delle aziende agricole del Friuli Venezia Giulia è di 10 ettari rispetto ai 500 ettari di diversi Paesi europei, e agli oltre 1.000 ettari di realtà extra continentali.
Il PSR 2014/2020, è stato detto, non dovrà dunque prevedere un sistema di aiuti agli agricoltori a compensazione di una scarsa redditività aziendale, bensì puntare a valorizzare l’esistente, per consentire al settore di affrontare compatto e rafforzato le sfide del terzo millennio.
In occasione del convegno ‘Imprenditorialità in agricoltura, giovane, bio, di filiera’, svoltosi nell’ambito di ‘Agriest Focus Tech’, alla Fiera di Udine, è stato anticipato parte del percorso che l’Amministrazione intende perseguire, per poter accompagnare verso il futuro il settore primario avvalendosi delle risorse comunitarie del PSR. La Regione, è stato detto, nel 2000 avviò una politica mirata a sostenere produzioni valide, qualitativamente buone, di filiera corta. E, in vista dell’applicazione della direttiva nitrati, furono privilegiate le imprese agroambientali. Nel 2007 partì il processo di sostegno alle reti di gruppi di aziende e imprese, in quanto la realtà agricola del Friuli Venezia Giulia è troppo frazionata in numerosi consorzi, e furono sostenuti progetti di filiera e integrati. Ora, è il momento di tenere conto dei risultati positivi ottenuti, e di compiere un’analisi delle filiere, del vino, del latte, del pesce. Per esempio per il latte, come è emerso ieri in un proficuo convegno dal quale sono scaturite utili indicazioni, serve una organizzazione complessiva di filiera. E per talune filiere agricole si possono ipotizzare sviluppi di carattere agroindustriale.
Serve individuare per esempio un’organizzazione commerciale per il formaggio: il Montasio, com’è stato evidenziato, non viene venduto nelle principali città italiane, non lo si trova nemmeno nella rete commerciale della capitale. Occorre anche considerare che l’agricoltura del Friuli Venezia Giulia, così come quella italiana, mentre fino a non molti anni fa non doveva contrastare la concorrenza, oggi si deve invece confrontare con competitori di vaste dimensioni.
Per contrastare gli svantaggi di questa nuova situazione, gli agricoltori, sia coloro che accedono alle attività del mondo rurale, come quanti ne fanno già parte a pieno titolo, si debbono formare e aggiornare costantemente, così come accade in altri mestieri e professioni, nei quali la formazione è un elemento fondamentale della crescita.
Molti prodotti della nostra regione non trovano più spazio sufficiente sui mercati nazionali: ecco allora che vanno individuati progetti di commercializzazione all’estero. Dalla serie di interventi al convegno è inoltre è emersa la necessità di fare in modo che il mondo rurale, alla pari di tutti gli altri settori economici, sia accessibile anche a nuovi operatori e imprenditori. Infatti, la vivacità e la dinamicità di un comparto si misurano anche con l’ingresso di nuovi investitori. E’ stato anche rilevato che l’agricoltura biologica e biodinamica può rappresentare un futuro proficuo per il mondo rurale. Tuttavia, affinché l’intera filiera agricola regionale possa raggiungere i parametri necessari alla relativa certificazione, occorrerà del tempo: e nel mentre, come si dovrà evolvere il settore primario per tenere sui mercati? Questi sono alcuni dei quesiti espressi nel corso del dibattito. Ai quali, i tecnici della direzione centrale delle risorse rurali, agroalimentari e forestali hanno poi risposto agli interessati anche negli stand riservati alla Regione, nei quali è presente anche l’ERSA, per fornire la consulenza tecnica alle aziende.