Voluto dalle Associazioni regionali di settore (Confindustria, Confartigianato, Cna e Confesercenti) sarà un’unica voce per 23.000 imprese (11.000 del commercio), il 20% del manifatturiero veneto
L’appello per il recupero del Regolamento UE sul “Made in”, è il primo atto del neo costituito strumento unitario di rappresentanza e promozione degli interessi delle imprese del Sistema Moda del Veneto e di confronto e interlocuzione con tutte le componenti del sistema economico e della società civile, pubblici e privati, a tutti i livelli. I presidenti del settore Moda Michele Bocchese, Giuliano Secco, Rosanna Toniazzo e Marialuisa Pavanello rispettivamente di Confindustria, Confartigianato, Cna e Confesercenti del Veneto, infatti, hanno sottoscritto un documento unitario che istituzionalizza il “tavolo” regionale di concertazione del Sistema Moda del Veneto che rappresenta in regione 23.000 imprese: 5.000 industriali, 7.000 artigiane e quasi 11.000 del commercio.
I sistemi delle imprese della filiera produttiva veneta ed italiana del tessile abbigliamento-pelli-cuoio-calzature-occhiali hanno saputo in passato reagire da soli alle crisi periodiche, in particolare quella che ha colpito il settore in Italia ed Europa negli anni 2001-2005, conseguente alla globalizzazione dei mercati ed all’avvento delle produzioni a basso costo dei Paesi emergenti. Ma la globalizzazione ha cambiato pelle, come la delocalizzazione e la crisi è talmente profonda che, questa volta, il settore da solo non può farcela.
Per questo le associazioni di rappresentanza hanno deciso di unire le proprie forze e di dare a tutte le 23.000 aziende un’unica voce, in grado di confrontarsi col mondo esterno in modo compatto e coeso.
Il tavolo si occuperà in particolare delle questioni trasversali: dal “100% Made in Italy”, alla tracciabilità e ITF, dal rafforzamento della filiera tramite Reti di impresa, al credito, dalla lotta alla contraffazione, lavoro nero, e concorrenza sleale, al rapporto con i consumatori.
Il tavolo nasce per favorire l’elaborazione di programmi e proposte unitarie su questi temi, per promuovere presso la società civile i valori dell’impresa, del lavoro e dell’etica imprenditoriale e per svolgere attività di lobbing nei confronti delle istituzioni di governo regionale e degli altri interlocutori sociali, economici ed istituzionali.
Al “tavolo” parteciperanno i presidenti delle federazioni/unioni del comparto moda di ciascuna associazione e l’incarico di coordinatore, che rappresenterà il tavolo, sarà svolto a rotazione, con la durata di un anno, tra le organizzazioni promotrici.
“La moda italiana è un baluardo del tessuto economico nazionale, sviluppatasi grazie ai tradizionali punti di forza del nostro sistema imprenditoriale, il dinamismo di tante PMI, il forte radicamento territoriale e una minore propensione alla delocalizzazione. Ma ciò non basta più in un contesto economico globalizzato, dove la filiera produttiva deve misurarsi con gli enormi vantaggi competitivi di altri paesi manifatturieri e con l’asimmetria delle regole vigenti nei diversi mercati del lavoro” si afferma nella prima nota diffusa dal coordinamento a firma di Michele Bocchese, secondo cui “dove si sposta la manifattura si spostano progressivamente anche creatività e le conoscenze, con una progressiva disintegrazione delle filiere industriali ma anche della capacità manifatturiera delle maestranze. Una distruzione che alla lunga sarebbe fatale anche per i grandi marchi della moda che nella qualità del ‘Made in Italy’ fondano forza e credibilità”. Per Bocchese “in questo preoccupante contesto si muove questo nuovo strumento rappresentativo di un manifatturiero regionale che a propria volta costituisce una delle più eccellenti espressioni del manifatturiero nazionale, sia in termini di qualità che di quantità. Una realtà che si sente ulteriormente minacciata dall’affermarsi di pratiche sleali, dalla contraffazione dei prodotti e del design ed dal disinvolto uso di informazioni fuorvianti e di prodotti anche dannosi per la pubblica salute”.
Primo passo concreto del neo-costituito “tavolo” regionale del Sistema Moda del Veneto riguarda il regolamento europeo del “Made in”. “23.000 imprese ed oltre 100.000 addetti non sono una ‘boiata’. Aggettivo quest’ultimo, estremamente infelice, attribuito al Premier Monti all’indomani del ritiro del regolamento UE sul ‘Made in’ frutto, forse, della mancata conoscenza del valore economico di quel provvedimento”. Ad affermarlo con orgoglio le quattro maggiori organizzazioni datoriali del sistema moda del Veneto, Confindustria, Confartigianato, Cna e Confesercenti che hanno voluto scendere in campo a difesa del “Made in”. Un’azione unica nel suo genere in Italia condivisa anche dai tre sindacati regionali veneti dei lavoratori (Filctem CGIL, Femca CISL e Uilta UIL) che hanno sottoscritto la lettera indirizzata al Presidente del Consiglio.
“Serve uno scatto d’orgoglio – dichiarano i sette rappresentanti delle imprese e dei lavoratori veneti del comparto -. Uno sforzo comune per recuperare quel testo, sicuramente insufficiente e frutto di continui compromessi al ribasso a causa della opposizione ingiustificabile di Germania, Inghilterra e dei Paesi Scandinavi, che comunque detta, o avrebbe dettato, regole certe sul cosa è e deve essere il ‘Made In’. Testo che giungeva alla fine di sette anni di lavori, e sarebbe stato, come auspicato, un punto di partenza per un primo riconoscimento ad un settore che non solo vale l’11% del valore aggiunto dell’intero manifatturiero italiano ma occupa 1 italiano su 8, con una forte presenza di occupazione femminile (61% circa). Valore da salvaguardare nel Paese in cui si registra un livello di occupazione femminile tra i più bassi al mondo”. La nota prosegue con l’appello: “ci rivolgiamo al Governo ed agli Europarlamentari Italiani affinché sviluppino ogni iniziativa perché il Regolamento sia recuperato e approvato dagli organismi competenti”.
Per l’Italia, il settore moda e più in generale il “Made in Italy” costituisce il 12% delle esportazioni, garantisce un avanzo commerciale stimato in oltre 16 miliardi di euro; occupa 620.000 addetti nell’industria ed oltre 450.000 nel commercio.
“Numeri che stridono – prosegue la nota – con la scarsa attenzione riservata a questo segmento economico. E che ci portano a chiedere un reale cambio di passo. Richiesta, che si basa sul fatto che l’export generato, contribuisce a pagare buona parte della bolletta energetica del Paese, oltre che garantire una significativa entrata del gettito fiscale”.
“Ecco perché noi ci crediamo ancora – concludono i sette rappresentanti veneti – e chiediamo al Paese di crederci con noi. Chiediamo pertanto al Presidente del Consiglio Mario Monti di inserire tra gli ultimi impegni, vista anche la sua nota credibilità a livello europeo e internazionale, di appoggiare la dura lettera al commissario Ue al Commercio, Karel De Gucht, inviata dal Ministro Corrado Passera, in quanto siamo certi che solo così l’iter dell’approvazione del regolamento potrebbe sbloccarsi”.