Iniziativa del presidente del Consiglio regionale del Veneto, Ruffato, con i protagonisti del settore
Le prospettive non sono affatto rassicuranti: “in Italia nei prossimi anni le temperature sono destinate ad aumentare di 3-4 gradi, mentre le precipitazioni diminuiranno ulteriormente”. Lo ha spiegato Marco Monai, direttore del centro meteorologico di Arpav, nel corso degli “stati generali” dedicati alla gestione delle risorse idriche convocati dal presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato, insieme ai presidenti delle commissioni agricoltura e ambiente, Davide Bendinelli e Nicola Finco, e a cui hanno preso parte gli assessori regionali Franco Manzato e Maurizio Conte.
“Ne soffriranno – ha detto Monai – le colture irrigue del Veneto, soprattutto mais, soia e vite, che attualmente sono stabilmente irrigate solo per il 42-43% della superficie agricola dedicata”. Ma è l’intero sistema produttivo e ambientale del Veneto destinato ad entrare in sofferenza. Le indicazioni degli esperti sono chiare: occorre avviare un piano di grandi opere per incrementare le capacità d’invaso, suggerisce Vincenzo Bixio del dipartimento di ingegneria idraulica dell’Università di Padova. Si possono utilizzare le cavità naturali e artificiali (ex cave) per contenere le piene, evitare le alluvioni e immagazzinare acqua, i 400 impianti idrovori attivi in Veneto potrebbero essere affiancati da laghetti e bacini per non disperdere in mare le acque delle grandi piogge autunnali e invernali, si possono realizzare barriere e reti di canali per evitare la risalita del cuneo salino. “Ma l’ultima grande opera realizzata a scopo irriguo è il canale Adige-Guà- Bacchiglione e risale a 50 anni fa – avverte il docente – E da allora non si è fatto più nulla”. Tuttavia anche gli agricoltori possono fare la loro parte – suggerisce Bixio – modificando le tecniche irrigue dai sistemi a scorrimento, che consumano 1-2 litri d’acqua per ettaro, a quelli ad aspersione, che dimezzano il consumo idrico, o meglio ancora a quelli a goccia, che richiedono solo un terzo di litro per ettaro”.
Gli agricoltori – ha prontamente replicato Franco Manzato – sono pronti a modificare tecniche e colture, soprattutto se adeguatamente supportati dal piano di sviluppo rurale e dalle risorse comunitarie. Ma tocca al governo nazionale assumersi la responsabilità delle politiche agricole e ambientali e garantire adeguate risorse. “Il Veneto attende da Roma un miliardo di euro dal piano irriguo nazionale per avviare le opere già progettate dai consorzi di bonifica e chiede stanziamenti per un altro miliardo di euro dal fondo nazionale di solidarietà per fronteggiare le emergenze calamitose”, ha scandito Manzato. Che ha messo sul piatto anche una terza richiesta: rivedere i limiti della direttiva nitrati nelle zone vulnerabili “per non scaricare la ‘colpa’ dell’inquinamento delle falde solo sugli allevamenti, dimenticando gli effetti degli scarichi di industrie e imprese del secondario”.
Sul ‘nodo’ risorse si è soffermato anche l’assessore all’Ambiente Maurizio Conte: “la regione Veneto impegna già 50 milioni di euro l’anno per prevenire il dissesto idrogeologico ma occorrono investimenti ingenti per realizzare le grandi opere dovremo lavorare sul costo dell’acqua, facendo pagare a tutti il canone di derivazione e le concessioni, adeguando le tariffe del servizio idrico alle necessità di investimento e creando una regia regionale degli Ato”. La parola-chiave ricorrente tra i protagonisti degli “stati generali” è “sinergia” tra politiche agricole e politiche ambientali, per creare un mix ottimale tra politiche agricole comunitarie e piani di sviluppo rurale, programmi di difesa idrogeologica e opere di mitigazione, adattamento e grandi opere, con occhio attento alle diverse caratteristiche dei 9 sistemi irrigui in cui si articola il Veneto. Il pericolo da evitare, infatti – hanno spiegato i rappresentati del mondo agricolo – è quello di applicare in modo automatico le stesse ricette ovunque: aggiornare i sistemi irrigui a scorrimento trasformandoli in reti a goccia – ha esemplificato il rappresentante di Coldiretti – rappresenta un falso risparmio nelle zone pedemontane e di ricarica delle falde, perché cancellerebbe la rete di scoli e canali che alimenta il serbatoio di acque sotterranee.
Il clima sta cambiando, temperature sempre più alte e piogge concentrate impoveriscono le riserve d’acqua per l’agricoltura e gli usi civili, a fronte di un costante aumento dei fabbisogni idrici che, solo per il Veneto, superano ormai i 5 miliardi di metri cubi l’anno. Siccità e alluvioni rappresentano due eventi estremi diventati ormai una costante delle nostre stagioni, con la quale convivere. E’ una emergenza “permanente” quella disegnata dagli “stati generali” sulla gestione delle risorse idriche convocati dal presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato, cui è toccata la sintesi finale: “l’obiettivo è mettere a punto un piano strategico strutturale per un nuovo sistema di opere, strumenti e servizi. Tutte le iniziative, sia in campo agricolo che in campo ambientale, devono essere ricondotte a una visione d’insieme attivando ogni sinergia possibile per modernizzare i sistemi irrigui, realizzare casse di espansione e impianti di stoccaggio, investire su risparmio e riciclaggio d’acqua, ridurre l’inquinamento e lo spreco di cibo”.