Bassani: “le nuove regole disattendono lo Small Business Act. Imprese artigiane edili penalizzate dalla assenza di proporzionalità. Si rischia il blocco totale del settore edile”. Tilatti: “appello ai parlamentari perché cambino le norme”
A pochi giorni dall’entrata in vigore del decreto ministeriale 10 agosto 2012, n.161, che disciplina l’utilizzazione delle terre e rocce da scavo, gli artigiani del NordEst scendono sul piede di guerra. Il regolamento stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo non sono rifiuti ma al contrario possono essere considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184 bis del decreto legislativo n.152/06 (cosiddetto codice ambientale) impone alle imprese del settore, specie quelle più piccole, carichi burocratici eccessivi.
Secondo Paolo Bassani, presidente veneto di Confartigianato Edilizia, “è incredibile. Il nostro Paese è stato il primo a recepire i principi dello ‘Small Business Act’ ma continua a legiferare infischiandosene del criterio di proporzionalità delle norme che adotta. Non contestiamo il regolamento, entrato in vigore il 6 ottobre – spiega Bassani – quello che contestiamo è l’assenza di proporzionalità nelle procedure burocratiche affinché il suolo o sottosuolo derivanti da sbancamento, fondazioni, trincee, perforazione, rimozione e livellamento di opere in terra, siano considerati non rifiuti, ma sottoprodotti e quindi reimpiegabili per nuove opere. Questo ingessa le nostre imprese e di conseguenza le opere dei cittadini. Ad esempio, un qualsiasi scavo per posizionare una cisterna, una vasca, oppure per riparare la rete fognaria, dovrà necessariamente attendere tre mesi. Non è possibile!”
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato Udine: “il nuovo decreto ministeriale sulle terre e rocce da scavo penalizza le piccole imprese e va subito modificato. Spero che i parlamentari intervengano subito, visto che nulla, come dimostra la manovra sull’Irpef e sull’Iva, è immodificabile”. Secondo Confartigianato Udine, disattendendo in pieno lo Statuto delle Imprese, la disciplina non contiene alcun limite quantitativo di cubatura dello scavato. Ne consegue che le imprese edili, specialmente quelle artigiane, anche a fronte di opere di dimensioni estremamente ridotte, al fine di attestare il rispetto delle condizioni qualitative stabilite dal regolamento, dovranno presentare un Piano di utilizzo del materiale da scavo almeno 90 giorni prima dell’inizio dei lavori per le nuove opere. Un appesantimento burocratico, economicamente oneroso per le analisi da fare – sono previsti almeno 6 campionamenti – e che allunga i tempi di realizzo delle opere.
“Tutte difficoltà che – commenta Bassani – indurranno le imprese artigiane a gestire i materiali da scavo, nella gran parte dei casi, come rifiuti. Se aggiungiamo la difficoltà di reperire discariche disposte a ricevere tale materiale, in pratica si rischia il blocco del settore edile”.
Le organizzazioni artigiane hanno messo a punto una bozza di emendamento che prevede per gli scavi fino a 6.000 metri cubi una procedura semplificata. “Emendamento, di immediata operatività, che è stato incluso in un pacchetto di proposte di semplificazione su diverse materie, presentato nei giorni scorsi al Ministro Patroni Griffi come R.E.TE. Imprese Italia, che auspichiamo – dice Bassani – venga inserito in un provvedimento di prossima emanazione da parte del Governo (Decreto Semplificazioni-bis). Nel frattempo, per non bloccare tutto, abbiamo chiesto a Confartigianato di intervenire presso il Ministero competente per autorizzare le nostre imprese di continuare ad operare sotto i 6.000 metri cubi con le vecchie disposizioni regionali che risulteranno in vigore fino all’emanazione della norma di semplificazione”.