Fisco su autoveicoli, svantaggi per il 100% del mercato

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federauto logo 1Federauto: “le norme contenute nella legge di stabilità faranno forse incrementare il gettito fiscale, ma sicuramente creeranno migliaia di disoccupati e perdita di PIL”

“Poveri si, ingenui no”. Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di autoveicoli di tutti i marchi commercializzati in Italia, commenta così le dichiarazioni rilasciate in Commissione Bilancio di Camera e Senato dal ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, in merito agli effetti del Ddl stabilità. “Noi concessionari siamo stati i primi a fare sacrifici per evitare il default del Paese – ha detto il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi – e ora, dopo il previsto ulteriore e sciagurato aumento dell’Iva che si abbatterà sui consumi, impoverendo ulteriormente gli italiani, siamo anche costretti ad ascoltare un ministro dello Stato che assicura come la legge produrrà effetti benefici sul 99% dei cittadini”.

Secondo Pavan Bernacchi “Federauto, come ad esempio anche Bankitalia, Corte dei Conti e Istat, è convinta dei pesanti effetti regressivi dei contenuti della manovra, che reca – al contrario di quanto asserito – svantaggi al 100% mercato e al 99% dei cittadini. Suonano perciò come uno scherno le dichiarazioni del ministro Grilli perché non si può far credere che l’ennesimo boccone amaro sia invece uno zuccherino”.

Federauto contesta gli aumenti sull’Iva: “pare ci sia l’intenzione di usare due pesi e due misure, con l’aumento della sola imposta del 21% al 22% (che comporta una spesa media aggiuntiva di 220 euro per auto nuova venduta), mentre resterebbe invariata quella al 10%. Questo sarebbe l’ennesimo smacco per la filiera dell’automotive già devastata dai provvedimenti del Governo tecnico. Signori, se vogliamo uscire dalla crisi, basta con la pressione fiscale, basta comprimere i consumi”.

Pavan Bernacchi allarga l’obiettivo anche oltre il paventato aumento dell’Iva: “c’è anche la riduzione della deducibilità fiscale, dove il Governo sta dimostrando il peggio. Non capiamo perché in un momento dove la competitività e concorrenzialità europea è ai massimi, le imprese italiane possono scaricare ora solo il 20% (era il 40%) di un tetto di spese irrisorio, quando nei grandi paesi europei come Germania, Francia e Spagna è possibile scaricare il 100% delle spese senza alcun tetto”. Gli effetti di questi provvedimenti “sono il rallentamento delle vendite di veicoli nuovi in capo alle aziende e, conseguentemente, l’aumento della disoccupazione della filiera auto motive italiana – sottolinea Pavan Bernacchi – senza dimenticare che le aziende con sedi estere ormai immatricolano solo all’estero, sfruttando la possibilità di avere costi deducibili maggiori, pagando di conseguenza minori tasse che non vengono versate al Fisco italiano, anche se i veicoli poi circolano liberamente anche in Italia”. Mentre le aziende più piccole rimangono mazziate.

A chi giova una situazione del genere? “In teoria, l’escalation del peso fiscale gravante sul settore automotive potrebbe portare ad un aumento del gettito, ma si distruggono allo stesso tempo posti di lavoro di aziende italiane e, conseguentemente, un calo del PIL e, simmetricamente, una crescita del deficit pubblico” commenta Pavan Bernacchi: proprio l’esatto opposto di cui avrebbe disperato bisogno il Belpaese.