Siderurgia, allarme anche in Friuli Venezia Giulia per la situazione del comparto industriale

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acciaieria 1Luci: “non c’è solo l’Ilva di Taranto, ma anche la Thyssengrupp di Terni, il Gruppo Lucchini a Piombino, Ferriera di Servola, Alcoa di Portovesme”

Non solo Ilva di Taranto, ma anche per citare altri casi, la Thyssengrupp di Terni, il Gruppo Lucchini a Piombino, Ferriera di Servola, Alcoa di Portovesme: sono giornate difficili in Italia per la siderurgia su cui sta soffiando un vento di crisi senza precedenti. “Si tratta di situazioni diverse inserite in contesti diversi che però si riconducono al tema della centralità del manifatturiero che non possiamo permetterci il lusso di perdere. Basta pensare – commenta il presidente di Confindustria Udine Adriano Luci – a cosa può significare il venir meno di queste aziende per il Pil nazionale e per la bilancia commerciale.”

Secondo Luci “il fatto che in Friuli nel settore siderurgico non si registrino situazioni a rischio non è poi che ci faccia dormire sonni particolarmente tranquilli anche perché la ‘visibilità’, cioè la durata del portafoglio ordini, si è ristretta notevolmente con prospettive che restano del tutto ignote. Ciò che ci preoccupa maggiormente è che ogni giorno vediamo il ridimensionamento dell’industria. Dobbiamo reagire insieme ma occorre farlo con il lavoro e con l’impegno di tutti”.

Anche per un ottimista di natura come il presidente Luci non è semplice guardare con fiducia al futuro: “non mi sembra che ci sia piena consapevolezza della situazione di crisi attuale. L’industria è costretta a difendersi senza poter contare su un sistema competitivo. E questo obiettivo diventa sempre più difficile raggiungere anche perché questa ripresa sembra essere prossima a venire sempre più in là nel tempo. Il problema è che non abbiamo certezze: anche il caso dell’Ilva a Taranto è emblematico, con scenari che cambiano quotidianamente. E’ impossibile programmare un’attività, è impensabile fare industria a queste condizioni ma, si badi bene, un dato è certo: senza il manifatturiero l’Italia va verso un destino di declino assicurato. E quel giorno, che non è poi così tanto lontano, poco servirà sapere chi si candiderà o meno o chi vincerà le primarie o se questo o quel partito crescerà o perderà. Non sono queste le risposte che il paese si attende. Capisco il pareggio di bilancio per rendere credibile l’Italia, ma qui si rischia di arrivarci con un paese stremato. Sono le dinamiche di crescita che vanno rilanciate. Ed è su questo che occorre lavorare puntando sul manifatturiero”.