Marco Viel, presidente gelatieri del Veneto: “i gelati Grom? Buoni. Ma non dite che sono artigianali”
Accade ormai quotidianamente, a Padova, come a Treviso o a Chioggia: passi per una via del centro e vedi una lunga fila di persone in attesa; pensi che si tratti di un ufficio, di uno sportello dove chiudere noiosissime pratiche o pagare inquietanti bollette, invece, guardando con un po’ di maggiore attenzione, ti accorgi che quelli che lentamente scivolano via dalla crescente coda se ne escono con un cono di gelato in mano.
Niente di strano: è il fenomeno Grom, il frutto dell’intraprendenza e del lavoro di due (giovani) “imprenditori alimentari”, accasati in Piemonte, che nel giro di pochi anni hanno piazzato il loro prodotto in tante piazze del mondo e del NordEst. Il segreto di tale successo è molto semplice e annunciato a più riprese dagli abili protagonisti di questa straordinaria storia imprenditoriale italiana: “applicare alla produzione del gelato artigianale la scelta di ingredienti base di grande qualità”. Un gioco da ragazzi, di una semplicità disarmante; che tuttavia ha qualche punto di debolezza, anzi ha alla base una vera e propria “bugia” di cui, anche concedendo l’attenuante della buona, fede, i gelati Grom sono portatori.
Infatti, pur ammettendo che questo prodotto sia “buono” (magari un po’ caro…), realizzato con maestria e correttezza, tutto si può dire tranne che sia artigianale. Perché, per definizione, un prodotto che si fregia di tale qualità ha un requisito decisivo, che il gelato Grom non ha: non ci deve essere nessuna intermediazione industriale, il prodotto, nella fattispecie il gelato, deve essere fatto al momento, nel luogo in cui viene offerto al consumatore. Tanto per fare un paragone, utile soltanto a capire, tra il gelato Grom e quello artigianale vi è la stessa differenza che si riscontra tra un “piatto” fresco, magari una pasta, e un “precotto” riscaldato.
Non è un mistero infatti che il “cono” Grom” viene elaborato in un unico centro produttivo, a Mappano di Caselle, nel Torinese, e da qui viene spedito ai vari distributori sparsi ovunque, ai quali spetta soltanto il compito di rendere fruibile il prodotto. In pratica, il gelato Grom è realizzato in modo da poter sopportare diversi giorni di stoccaggio; quello che mangiano con golosa avidità tanti veneti, giusto per restare sul nostro, è preparato a centinaia di chilometri di distanza, frutto di una miscela pastorizzata, poi congelata e trasferita nei punti vendita, per essere mantecata prima di finire nel pozzetto del banco frigorifero. Un processo rigorosamente industriale.
Non entriamo nel merito, tecnicamente più complicato, sull’uso o meno di additivi (un altro vanto dei produttori Grom): resta il fatto che per poter garantire un unico punto di realizzo del gelato (grande vanto a tutela della qualità) e il viaggio verso i molti negozi sparsi un po’ ovunque, il procedimento e i tempi tra produzione e consumo sono tali che escludono il gelato in questione dalla qualifica di “artigianale”.
Tutto qui. Senza nulla togliere alla bontà dell’offerta Grom: gi esperti dicono che, sul piano industriale, quel gelato è indubbiamente buono, ma quello artigiano è semplicemente un’altra cosa.