In concorrenza italiani (2), austriaci, spagnoli e francesi. Divina: “valutare l’interesse nazionale della concessione per evitare di disperdere all’estero risorse preziose”
Il 3 ottobre scorso sono scaduti i termini per presentare le offerte di partecipazione alla gara per il rinnovo per cinquant’anni della concessione dell’Autostrada del Brennero, un’autentica gallina dalle uova d’oro che sui 313 chilometri di percorso da Campogalliano al confine di Stato produce ogni anno oltre 300 milioni di euro e un’ottantina di milioni di euro di utile netto. In lizza per la conquista del rinnovo, oltre all’uscente Autobrennero spa posseduta in maggioranza dagli enti locali attraversati dall’autostrada, anche il colosso austriaco Strabag Se, il suo omologo francese Vinci, una cordata italo-iberica tra la torinese Sis e la spagnola Sacyr (che sta realizzando la Pedemontana veneta) e il gruppo italiano Toto (che già gestisce le autostrade tra Roma e l’Abruzzo).
Una partita importante, che ora il Ministero per le infrastrutture deve analizzare a fondo per vedere quali dei cinque pretendenti che hanno presentato la domanda di partecipazione abbia le caratteristiche in regola per potere partecipare ad una gara che prevede una base d’asta di 3 miliardi d’investimenti, oltre a 400 milioni di subentro da versare al concessionario uscente e a 140 milioni di euro da versare entro 30 giorni dalla data d’affidamento allo Stato e altri 70 milioni di euro all’anno quale canone annuo fino alla concorrenza del valore della concessione per un minimo di 570 milioni di euro. Grandi cifre giustificate anche dalla redditività dell’infrastruttura posta in palio, cosa che ha stimolato l’appetito dei grandi gruppi di costruzione stranieri.
Per ovviare al rischio che la concessione possa volare all’estero, si è mosso il presidente della Commissione prezzi e tariffe del Senato, Sergio Divina, che in un’interpellanza rivolta al ministro Corrado Passera, si chiede se “non sia opportuno valutare attentamente l’interesse nazionale nel procedimento di assegnazione della concessione, per evitare che la ricchezza prodotta ogni anno dalla concessione possa prendere la via d’oltreconfine”. Secondo Divina, “la recente riforma dell’Anas che ha perso la potestà concessoria trasferita in capo al Ministero per le infrastrutture, oggi rende possibile l’affidamento da parte dello Stato stesso di concessioni per l’esercizio di autostrade a pedaggio anche allo stesso Anas, che già da decenni gestisce autostrade senza pedaggio (quelle dell’Italia meridionale e il Grande raccordo anulare)”. Divina fa un discorso patriottico: “troppe volte, privatizzazioni e vendite di società pubbliche o private del Belpaese si sono dimostrate una pesante perdita per il patrimonio nazionale (si veda il caso Parmalat per tutti): sarebbe meglio valutare attentamente l’interesse nazionale ed evitare la svendita all’estero o a privati di strutture a prevalente valenza pubblica come il settore infrastrutturale.
Nel caso della concessione in scadenza dell’Autostrada del Brennero, si è dinanzi ad una prequalifica che vede in lizza ben 3 partecipanti su 5 di valenza estera: tre grandi gruppi stranieri che sembrano avere una base finanziaria decisamente migliore dei due concorrenti nazionali: se uno dei partecipanti esteri dovesse vincere la concessione, l’Italia direbbe addio agli oltre 300 milioni di valore di produzione della società, che l’anno scorso si sono tradotti in 84 milioni di utile netto (facilmente incrementabili ad oltre 100 riducendo qualcuna delle costose manutenzione che l’attuale concessionario attiva per mantenere l’infrastruttura tra le migliori in assoluto in Italia per qualità del servizio)”. DA qui la proposta che il Ministero dovrà valutare attentamente di assegnare la concessione in scadenza direttamente ad Anas se la valutazione in prequalifica dei concorrenti dovesse evidenziare una capacità finanziaria e tecnica dei concorrenti stranieri superiore a quelli nazionali. Per Divina i proventi della concessione gestita da Anas “dovrebbero essere indirizzati al fondo di ammortamento del deficit del bilancio dello Stato”.