A Sarcedo il Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta sperimenta lo stoccaggio sotterraneo dell’acqua

0
834
pozzi bevitori 1
pozzi bevitori 1In caso di siccità il ricorso ai “pozzi bevitori” serve a preservare l’inaridimento della falda

L’estate appena trascorsa si è caratterizzata per una siccità diffusa e prolungata che in molti casi ha avuto ripercussioni anche sulle falde freatiche utilizzate per emungere dai pozzi acqua per l’irrigazione. Per ovviare all’inaridimento delle falde acquifere, una soluzione potrebbe essere quella sperimentata dal Consorzio di bonifica Alta Pianura Veneta (APV) con i “pozzi bevitori”. Per il presidente del Consorzio, Antonio Nani, “il rapporto fra investimento e risultato raggiunto è assolutamente favorevole, tanto che è nostra intenzione estendere l’esperienza ad altre aree idonee sia nel vicentino che nel veronese”. La sperimentazione è avvenuta nel “campo pozzi”, primo in Italia, realizzato in località Madonnetta di Sarcedo, in provincia di Vicenza.

L’ente consortile, fin dal 2009 in collaborazione con l’amministrazione provinciale di Vicenza, aveva avviato alcune esperienze finalizzate al rimpinguamento artificiale della falda acquifera, realizzando 5 pozzi di infiltrazione: 3 in comune di Cornedo Vicentino, 1 a Montecchio Precalcino ed un altro già a Sarcedo. Visti i positivi risultati delle prime esperienze, a luglio di quest’anno, l’APV, sempre con importante finanziamento della provincia di Vicenza, ha realizzato un vero e proprio “campo pozzi”, costituito da 4 infrastrutture di infiltrazione in un’area verde pubblica (concessa gratuitamente dall’amministrazione comunale di Sarcedo) alimentati, nel periodo non irriguo (indicativamente ottobre – marzo), dalla roggia Verlata derivata dal canale irriguo principale Mordini. Questi 4 pozzi hanno le stesse caratteristiche di quelli già realizzati nel 2009: ciascuno è costituito da 8 anelli in calcestruzzo, a parete laterale forata, di 50 centimetri di altezza e di diametro interno pari a 200 centimetri cadauno, posati l’uno sopra l’altro per una altezza complessiva di circa 4 metri. I pozzi sono completamente interrati ed il fondo aperto posa su un materasso di pietrisco dello spessore di circa 1 metro. Lo scavo pertanto ha una profondità di circa 6 metri. Lateralmente lo scavo è stato riempito ancora con pietrisco e ghiaione per favorire il drenaggio dell’acqua immessa nei pozzi. Il raggiungimento del piano di campagna è stato fatto con riporto di terreno vegetale.

I pozzi sono alimentati da un’opera di presa sulla roggia Verlata, corredata da una griglia di protezione e da una paratoia in ferro per la regolazione della quantità d’acqua immessa; un sistema di tubazioni distribuisce la portata idrica. L’acqua, immessa in ciascun pozzo, filtra principalmente attraverso il materasso di pietrisco, su cui posa il fondo, andando ad alimentare, per le caratteristiche geologiche del terreno, la falda acquifera, che si trova ad una profondità di circa 30 metri. Si stima che ciascun pozzo sia in grado di immettere in falda fra i 150 ed i 200 litri al secondo, cioè circa 10 milioni di metri cubi all’anno.

Il costo complessivo della realizzazione è pari a 52.803,18 euro (38.343,68 euro per opere e 14.459,50 euro per indagini geologiche e monitoraggio della falda). Nell’area sono stati anche installati idonei strumenti di misura per determinare l’effettiva efficacia dei pozzi di infiltrazione nei prossimi anni di sperimentazione; dal 2009 ad oggi, i pozzi di infiltrazione (già attivi nei comuni di Cornedo Vicentino, Sarcedo e Montecchio Precalcino) hanno artificialmente ceduto al sottosuolo un volume idrico superiore a 3.500.000 metri cubi.

L’importanza della novità presentata è che rappresenta una possibilità di concreta risposta alla necessità di incrementare le riserve idriche, superando le molte difficoltà, che ostano alla creazione di aree di ricarica superficiali.

Soddisfatto per la sperimentazione l’assessore regionale all’agricoltura, Franco Manzato: “i fenomeni di siccità sono in continua crescita ed è importante provvedere a ricaricare le falde quando l’acqua è disponibile e non è utilizzata in agricoltura. Se questo progetto ha effetti positivi, potrebbe essere una strada da perseguire per evitare lo stress idrico delle falde nel momento di bisogno”.