L’Ensemble Palladium ha allietato il pubblico intervenuto, nonostante le bizze del tempo
di Giovanni Greto
Dopo molte incertezze – si fa o non si fa – dovute ad un forte acquazzone sviluppatosi nel tardo pomeriggio e conclusosi soltanto 90 minuti prima dell’inizio, il consueto concerto annuale nel giorno del genetliaco della carismatica Peggy Guggenheim, si è svolto come da copione nel confortevole giardino della collezione, sferzato da un vento a tratti anche gelido, che ha messo a dura prova pubblico e musicisti, impegnati a fissare con numerose mollette i fogli di spartito ai leggii.
Vista la ricorrenza del centenario dalla nascita dell’artista Jackson Pollock (1912-1956), la direzione del museo ha pensato bene di invitare l’ensemble Palladium, diretto da Davide Amodio, professore al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, che ha inserito nel programma in prima assoluta una composizione per la cui esecuzione sono stati impiegati ben due anni di lavoro. Amodio, infatti, ha preso ispirazione dall’opera ‘Summertime Number 9°’ realizzata nel 1948 e oggi conservata nel Tate Modern di Londra. Si tratta di un immenso rettangolo, lungo poco più di 5 metri e mezzo, alto 848 centimetri, sul quale compare una serie di macchie dai colori diversi. In collaborazione con la professoressa Chiara De Fabritiis dell’università di Ancona, specialista di geometria analitica, lo spazio è stato trasferito nel tempo, i pixel trasformati in secondi. Al quartetto dei legni è toccato il compito di interpretare le 28 macchie blu, a quello degli ottoni le 28 gialle, mentre il contrabbasso e il vibrafono sottolineavano le macchie nere e le percussioni svolgevano un lavoro di intelaiatura accennando a piccole punteggiature. Il brano, ‘Jackson Time’, è durato 26 minuti, caratterizzato da una freschezza e una agilità di scrittura che richiamano la musica contemporanea e il Jazz, soprattutto negli episodi di sola sezione ritmica (contrabbasso, vibrafono, percussioni). Ariosi i dialoghi tra i fiati, mentre Amodio ha seguito scrupolosamente perfino la dinamica sonora, rapportata a ciò che si evince dal quadro di Pollock.
Nella seconda parte, il direttore ha proposto un’insolita trascrizione strumentale di 5 madrigali di Carlo Gesualdo da Venosa (1566-1613), solitamente eseguiti soltanto vocalmente. In conclusione, una ciaccona per violino solo di J.S.Bach (1685-1750), ha trovato un insolito sviluppo per fiati, contrabbasso e percussioni. Il pubblico, benché infreddolito, ha applaudito con calore l’affiatato ensemble, che ha voluto congedarsi intonando la festosa ‘Happy Birthday to you’, arrangiata in maniera interessante, dall’elegia all’Early Jazz, dando appuntamento al 2013 per celebrare il 115° compleanno della mitica scopritrice di talenti.