Rotondi: “Dellai fa il fondatore di ‘cose bianche’ ma dalla Margherita in poi sono suoi i copyright di tutti i naufragi centristi”. Riccardi: “non mi candido alle politiche”. Bonanni: “ora serve la concertazione”
In questi giorni, con il pretesto delle celebrazioni dell’anniversario di De Gasperi, il Trentino è diventato il crocevia di tutte le alchimie per la nascita della “cosa bianca” o del nuovo grande centro cattolico, complice l’attivismo del governatore trentino Lorenzo Dellai che, giunto quasi al termine della sua quasi ventennale esperienza alla guida della Provincia, ora guarda ad un futuro personale di parlamentare a bordo di un nuovo veicolo elettorale, visto che quelli esistenti, in particolare il PD, pare andargli un po’ strettino. Ecco, quindi, la spasmodica ricerca di un nuovo strumento elettorale che funga da ago della bilancia tra i due grandi schieramenti di centro destra e di centro sinistra, specie se la nuova legge elettorale da più parti invocata avrà un profilo nettamente più proporzionalistico dell’attuale “Procellum”.
Proprio per partecipare alla primogenitura e nella speranza di staccare un biglietto valido per uno scranno parlamentare, in Trentino è giunto (con annesso ridondante codazzo di auto blu e di scorta) perfino l’attuale presidente della Camera, Gianfranco Fini, consapevole che il suo Fli così com’è non lo poterà da nessuna parte: anche per Fini, così come per Dellai, è indispensabile trovare un autobus (o un treno) che porti questi nocchieri da una poltrona all’altra, possibilmente senza soluzione di continuità. Un progetto, quello della “cosa bianca”, stroncato sul nascere dal commento tranciante di Gianfranco Rotondi, che di cose bianche se ne intende, essendo il proprietario del marchio della defunta Balena Bianca: “De Gasperi è già in Paradiso e di lì sorriderà dello zelo con cui Dellai si accomoda sul suo anniversario. Di mestiere Dellai fa il fondatore di ‘cose bianche’: dalla Margherita in poi sono suoi i copyright di tutti i naufragi centrisi”. Rotondi gira il coltello nella piaga bianca: “anche quest’anno Dellai spiegherà come si può essere degasperiani candidandosi coi comunisti con cui lo statista trentino raccomandava ai suoi deputati di ‘non parlare nemmeno alla buvette’”. Già: qualcuno dovrebbe spiegarlo pure a quel Fini che fino alla rottura con Berlusconi era decisamente anticomunista. Ma tant’è: l’uomo di Montecitorio ha ormai abituato gli italiani alle conversioni con triplo salto carpiato e a mantenere poca fede alle solenni promesse. Intanto su Fini e la sua scorta ironizza anche il suo ex portavoce Francesco Storace: “ma Fini ci fa o c’è? Che bisogno ha di presentarsi in un paesino del Trentino di nuovo con una specie di esercito appresso? E stai buono…”.
Se Dellai, Fini & C. cercano un cocchio che li porti dritti in Parlamento possibilmente per la via maestra, c’è chi, come l’attuale ministro Andrea Riccardi, che alle celebrazioni degasperiane dichiara di non sentire affatto il richiamo elettorale (“io non sono tra i candidati, sento però che bisogna promuovere un rinnovamento culturale sia politico sia in linea europea”), sottolineando come la nascita del nuovo soggetto politico, sia legato all’idea che “forse il bipolarismo della seconda Repubblica non è adatto a rappresentare questa transizione che stiamo vivendo e a guidare il Paese nella realtà della globalizzazione”, dimenticando però i danni di un quarantennio abbondante di proporzionalismo e di governi che non riuscivano a tagliare l’anno. Altro soggetto in forte odore di carriera parlamentare, dopo quella sindacale prossima alla scadenza di mandato, è il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, che però spergiura di non avere alcun secondo fine di carattere elettorale, rilanciando al contempo uno strumento che ha fatto il suo tempo (e numerosi danni) quale la concertazione. Rivolgendosi a Monti, Bonanni ha sottolineato come per “il Governo Monti sia arrivato il momento della concertazione con le parti sociali anche per evitare di ricevere sul collo solo il fiato dei partiti che non vedono altro che l’appuntamento elettorale, per ritornare, dopo che qualcuno ha fatto pulizia a farsi i fatti propri”. Per Bonanni il presidente del Consiglio “deve perdere questa puzza sotto il naso di tecnocrate un po’ intimamente antidemocratico. Deve capire che non deve più ripetere ‘no alla concertazione’, perché la concertazione, al di là di qualche bizzarro rappresentante – ha aggiunto -, è di quanto più nobile ci sia stato nel Paese nei momenti migliori e ha messo insieme volontà imprenditoriali, sindacali, di associazioni, di comunità locali, per sforzi importanti impedendoci di cadere in fossi più profondi”. Peccato che Bonanni faccia finta di non ricordarsi che concertazione vigente nessuno fosse più responsabile di alcunché, con il risultato che negli anni migliori della concertazione il debito pubblico italiano esplose creando i gravissimi danni con cui oggi si devono fare i conti, oltre a dare al sindacato un potere politico e di cogestione della cosa pubblica che non gli spetta, in quanto privo della necessaria legittimazione popolare.