La revisione della spesa cancella i settori del “non profit” e del “welfare”

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Simone Brunello direttore confcooperative Rovigo 1L’allarme lanciato da Confcooperative Rovigo. Brunello: “questo è un attacco al principio costituzionale di sussidiarietà”

“Siamo molto preoccupati per gli effetti che può portare il provvedimento della revisione della spesa pubblica che, se non modificato, avrà effetti devastanti per la cooperazione sociale. Rischiamo di arretrare sia nella sussidiarietà territoriale, sia nell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate che sono centinaia di migliaia”. Questa la preoccupazione di Simone Brunello, direttore provinciale di Confcooperative che ha in Federsolidarietà la più grande federazione di riferimento della cooperazione sociale in Italia, con 6.000 cooperative e oltre 220.000 persone occupate.

“Siamo di fronte ad un paradosso: da un lato la recente direttiva della Commissione Europea sugli appalti pubblici valorizza la normativa italiana relativa agli affidamenti alla cooperazione sociale e la promuove per le altre realtà nazionali, dall’altro lato la revisione della spesa pubblica che, invece, la elimina”. Nello specifico, con l’art 4 commi 6, 7, 8 si prevedrebbe, se male interpretato o applicato, che i soggetti “non profit” possano avere rapporti contrattuali di fornitura di servizi con la Pubblica Amministrazione solo attraverso procedure di gara di tipo concorrenziale. “Abbiamo chiesto – dice Brunello – che si intervenga con un emendamento perché il testo licenziato dal Governo è molto confuso e ambiguo e rischia di apportare un colpo mortale non solo per il ‘non profit’ ma anche per i tanti servizi di ‘welfare’ che il privato sociale assicura. Questo è un attacco al principio costituzionale di sussidiarietà”.

Si deve infatti tenere presente che ci sono molte tipologie di rapporto di rapporto – per esempio quelle in “accreditamento” che solo pochi giorni fa la Regione Veneto ha esteso anche per i servizi sociali e socio-sanitari oltre a quelli sanitari – e una varia tipologia di soggetti che a diverso titolo offrono in convenzione con il sistema pubblico servizi alla persona. Con il provvedimento del Governo non si potrebbe più ricevere nemmeno finanziamenti a carico delle finanze pubbliche, come per esempio avviene ora per l’ottenimento di contributi per progetti di utilità sociale. “Non intervenire rappresenterebbe un grave atto d’irresponsabilità – continua Brunello – perché produrrebbe un caos territoriale con costi molto più alti dei risparmi che si pensa di poter raggiungere. Siamo fortemente preoccupati, e confidiamo che ai massimi livelli istituzionali si possa intervenire con un emendamento che faccia salva una normativa ragionevole e utile per il Paese adottata come buona pratica anche in Europa”.

Un’altra disposizione del Decreto Legge che metterebbe in ginocchio le imprese sociali è l’articolo 15 dove al comma 13 si prevede una riduzione del 5% dei contratti: “le organizzazioni di terzo settore in genere e le imprese sociali in primo luogo sono già alla canna del gas – evidenzia Brunello – aumentano i costi, le tasse ed i pagamenti sono eterni; in più ora si restringono i servizi: credo che ci siano tutti i presupposti per un collasso del nostro sistema di welfare”.

In questi giorni l’Azienda Ulss 18 della regione del Veneto sta scrivendo alle ditte che hanno rapporti in essere con l’Azienda per chiedere “sconti di almeno il 5% sui prezzi praticati sulle forniture in corso”:

“oltre al danno la beffa” – evidenzia Brunello, che comunica di aver scritto al dirigente Marcolongo che si era rivolto alle cooperative sociali per chiedere uno sconto sui prezzi praticati relativamente ai servizi in essere facendo notare come la richiesta sia illegittima. “Basta leggere bene il provvedimento del Governo: l’art. 15 – sottolinea Brunello – parla della riduzione del 5% dell’ammontare dei corrispettivi e delle corrispondenti prestazioni, non di uno sconto a parità di servizi forniti.” Analogamente si sta muovendo anche l’Azienda Ulss 19 con una richiesta di riduzioni degli importi del 5% razionalizzando le attività ma mantenendo inalterati i livelli sostanziali di servizio. “Anche questa richiesta la riteniamo improbabile” – dice Brunello – “visto che coniugare qualità dei servizi e relativi standard con un ulteriore riduzione di risorse e i costi di gestione che continuano a crescere è un’impresa insostenibile”.