Anche il comparto agroalimentare veneto inizia a soffrire la crisi

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Raffaele Boscaini presidente confindustria veneto alimentare 1Boscaini: “preoccupa la domanda interna congelata da mesi e la riduzione della redditività”

Anche l’agroalimentare veneto incomincia a soffrire: la crisi inizia a produrre i suoi effetti anche in questo settore che sembrava, fino a questo momento, immune alle gravi difficoltà che hanno interessato gli altri comparti, o comunque, quello che ne aveva risentito di meno. Il dato emerge dalla riunione del Raggruppamento regionale agroalimentare di Confindustria Veneto, svoltasi a Belluno presso la sede di Confindustria Belluno Dolomiti. I rappresentanti provinciali delle sezioni alimentari del Veneto hanno illustrato al presidente Raffaele Boscaini, lo scenario economico del comparto ed hanno espresso forti preoccupazioni per la rigidità della legislazione dell’ultimo periodo relativa al settore.

A livello regionale, emerge un brusco rallentamento per la produzione che segna, rispetto allo scorso anno, un -2%, mentre si mantengono inalterati i dati delle vendite in Italia (+1,2%) e delle vendite extra UE (+2,6%). In particolare, preoccupa la domanda interna congelata da mesi e una riduzione della redditività: all’aumento del costo delle materie prime, non fa fronte un corrispondente adeguamento dei prezzi.

“La tendenza comune e trasversale ai vari comparti agroalimentari- secondo Boscaini – è da una parte, la difficoltà, in termini di calo di fatturato e aumento della cassa integrazione e d’altra parte, un aumento delle esportazioni. Per i prodotti alimentari il valore dell’export nel 2011 è stato di 3.646 milioni di Euro. Il contributo di questa voce sul totale delle esportazioni venete è pari al 7,25%”.

Anche aziende come quelle dolciarie stanno subendo una flessione nell’ultimo semestre: “la crisi inizia a farsi notare anche in questo settore” – sottolinea Michele Bauli, past president del raggruppamento agroalimentare veneto – “attraverso un calo del fatturato e una tendenza delle imprese a cedere l’attività. Tra le possibili soluzioni per rispondere alla recessione dell’ultimo periodo vi sono quelle di utilizzare gli strumenti aggregativi tra imprese, come ad esempio le reti d’impresa, per creare forme di alleanze e sfruttare le esportazioni all’estero, dove il prodotto italiano va ancora bene”.

La rigidità della legislazione dell’ultimo periodo non fa che aumentare le preoccupazioni e i problemi esistenti: si pensi, ad esempio al caso del nuovo art. 62 del d.l. 1/2012, che, con riferimento ai contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, sancisce la presenza di una serie di requisiti a pena di nullità e l’obbligo di pagare il corrispettivo entro il termine di trenta o sessanta giorni a seconda che si tratti o meno di merci deteriorabili. L’incertezza della disciplina, nonché la sua concreta applicazione, crea confusione in materia e spinge i fornitori a prevedere una regolamentazione diversificata e poco univoca. O, ancora, alla nuova disciplina sulle etichettature, la quale nel prevedere l’obbligo di indicazione dell’origine dei prodotti impiegati, sta contribuendo a creare nell’immaginario collettivo un’idea di prodotto industriale lontano dalla realtà e dalle sue effettive caratteristiche. “Bisogna diffondere l’idea del prodotto alimentare industriale quale prodotto sano, controllato e certificato, rispettoso delle norme igienico-sanitarie – aggiunge Boscaini – e, al contempo, coltivare l’idea della dieta mediterranea come stile sano di vita se improntato alla moderazione. Per questo è indispensabile sensibilizzare i consumatori ad una corretta alimentazione e a tal fine si promuoveranno varie iniziative, come ad esempio il “Pmi Day”, dedicato all’ingresso della realtà industriale nelle scuole, in modo tale da far comprendere ai giovanissimi una giusta cultura dell’alimentazione, non fatta di eccessi, bensì di equilibrio e moderazione”.