Oltre 10.000 spettatori per l’VIII edizione del Festival di danza contemporanea della Biennale di Venezia

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Biennale danza 2012 risvegli BootyLooting-WimVandekeybus-4994 114 spettacoli all’insegna dei “Risvegli”
di Giovanni Greto

Da poco conclusosi, l’ottavo Festival di danza contemporanea della Biennale di Venezia, ha attirato l’attenzione sia del pubblico – oltre 10.000 spettatori hanno assistito ai 14 spettacoli in cartellone – che degli addetti ai lavori, giunti oltre che dall’Italia, da Spagna, Germania, Austria, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Stati Uniti, Belgio e Brasile.

“Awakenings” – Risvegli, titolo scelto dal direttore, il ballerino e coreografo brasiliano Ismael Ivo, per celebrare e invitare al risveglio della vita e della creatività, si è aperto con ‘Biblioteca del corpo’, una ideazione coreografica di Ivo, interpretata dalla compagnia ‘Arsenale della Danza’, 25 giovani artisti tra i 19 e i 30 anni di nazionalità diverse i quali, studiando duramente dallo scorso gennaio con i migliori danzatori contemporanei, hanno costruito giorno dopo giorno le basi per lo spettacolo.

Ispirandosi alla ‘Biblioteca di Babele’ di Jorge Luis Borges, Ivo dà vita ad una installazione coreografica, quasi un’impalcatura concettuale, in cui ogni corpo/individuo rappresenta un libro che contiene informazioni uniche e originali, segrete ed inimitabili, e che deve essere aperto per poter rivelare i suoi diversi aspetti, i difetti, le qualità e le potenzialità, senza dimenticare che ogni singolo è solo un volume della Enciclopedia Umana. Sul palco, i ballerini/libri sono rannicchiati, con un richiamo alla maternità, in piccoli cubi, aspettando di essere aperti per diventare esseri viventi. In un teatro alle Tese particolarmente bollente, all’interno dell’Arsenale di Venezia, i protagonisti hanno ottenuto il consenso di un pubblico caloroso, che ha mostrato di gradire la particolare riflessione sulla vita umana. La compagnia porterà lo spettacolo il 27 e 28 luglio a Sao Paulo, in Brasile, un’occasione per crescere e confrontarsi con un Paese in cui la ricerca nella danza è assai sviluppata, come ha evidenziato Helena Katz, esperta della danza contemporanea brasiliana, nella sua interessante e seguitissima conversazione pubblica all’interno del programma.

Molto apprezzato, in prima assoluta, ‘De amore’, il lavoro del coreografo toscano Virgilio Sieni, che prende lo spunto dal trattato aristotelico. Sulle musiche di J.S.Bach, si muovono sei giovani danzatori, 4 uomini e 2 donne, il volto pallido, l’espressione apparentemente malinconica, che arrivano dal buio, dal fondo e rimandano lontanamente agli arlecchini, clown, saltimbanchi di Picasso. Lungo il sentiero impervio della quotidianità, spiega l’autore, “essi ci indicano il tempo racchiuso nelle particelle di movimento che formano la figura fragile del passaggio nel trasparente del bosco: come boscaioli, vedono nella fitta selva i sentieri erranti che edificano il corpo nel suo abbandono al gioco fanciullesco della maturità”. L’azione scenica si conclude con l’ascolto di ‘Paint it Black’ dei Rolling Stones, colonna sonora per celebrare il funerale delle maschere.

Biennale danza 2012 risvegli Nowhere and everywhere at the same time - performer Brock Labrenz c.Philip Bussmann 1Due gli spettacoli messi in scena dal ‘Balé teatro Castro Alves’, la compagnia di danza ufficiale di Salvador de Bahia, fondata nel 1981 dal governo brasiliano, diretta attualmente da Jorge Vermelho, il quale, pur nella valorizzazione delle danze tradizionali afro-brasiliane, ha impresso un’impronta decisamente contemporanea.

In “1POR1PRAUM”, ideato dal direttore stesso, un singolo danzatore chiuso in una cabina di un metro di lunghezza e due di altezza (1por1), accoglie un solo spettatore (pra um) per volta per dar vita ad una confessione privata. Ogni azione, che dura al massimo cinque minuti, intende invitare chi partecipa ad immergersi nell’altro da sé, a vivere e condividere l’ansia e la paura della solitudine. Certo il caldo e l’ambiente angusto provocano in chi assiste una sensazione di claustrofobia, serpeggia il nervosismo e non si riesce, perciò, ad apprezzare il siparietto creato.

Alla coreografia di Henrique Rodovaldo, si deve invece ‘A quem possa interessar’: 25 danzatori – di età compresa tra i 35 e i 60 anni – in piena luce si inchinano per salutare il pubblico. La sala piomba nel buio e, secondo un ordine prestabilito, viene illuminato un ballerino il quale commenta attraverso i gesti ciò che vocalmente ha raccontato durante una conversazione a ruota libera, autoironica, in compagnia degli altri, rivelando un qualche cosa di sé. Le successive azioni sceniche di insieme sono sostenute dalla musica dal vivo eseguita dalla chitarrista, cantante e compositrice Badi Assad. Un senso ritmico impareggiabile, il suo, accompagnato da un uso percussivo, personale, della cavità orale. Badi riesce a cantare una melodia emettendo contemporaneamente una serie di clicks vocali: una cosa che lascia letteralmente stupiti, oltre ad impressionare per la bravura. In repertorio, composizioni originali, omaggi alla bossa nova (Vinicius de Moraes), motivi popolari cantati coralmente con gli altri a cappella, ma anche un pezzo di Bjork e degli U2. Applausi gioiosi per uno spettacolo che emana voglia di vivere e di essere felici pur nelle difficoltà sempre più drammatiche del vivere quotidiano.

Nella chiesa anglicana di St. George, in campo S. Vio, non lontano dalle gallerie dell’Accademia, ha avuto luogo, in prima mondiale, ‘Too mortal. A powerful new work for historic churches’, “una nuova potente opera per le chiese storiche”. Si tratta di un breve lavoro – dura circa 20 minuti- della danzatrice e coreografa Shobana Jeyasingh, nata in India, formatasi inizialmente come ballerina di Bharatanatyam, la danza dei templi dell’India del sud, che vanta una tradizione di 8.000 anni, ma cresciuta artisticamente in Inghilterra. Pensato per i luoghi di culto di alcune città europee, – dopo il debutto in laguna si trasferirà a Londra, Stoccolma e Belgrado. ‘Too mortal’, traendo ispirazione dal potenziale teatrale e drammatico degli edifici storici all’interno dei quali si svolge, porta l’uomo a riflettere sulla propria natura mortale. Posto in piedi, di spalle all’altare, di fronte alle panche vuote dei fedeli, mentre lo spazio sacro è invaso dal fumo, lo spettatore vede all’improvviso balzar fuori dalle panche sei danzatrici, vestite tutte allo stesso modo (canottiere e fuseaux ¾, di un color rosso dal vermiglio al bordeaux), che sembrano per così dire risorgere dalle loro tombe, dando vita ad una incessante serie di movimenti, scanditi da una musica ripetitiva, il remix di ‘Tenebrae Responsories’ di James MacMillan, che sviluppa nell’ambiente una certa inquietudine. Premiato con il Leone d’oro nel 2010, William Forsythe ha allestito in un grande ambiente vuoto, le Artiglierie dell’Arsenale, ‘Nowhere and everywhere at the same time’, “allo stesso tempo ovunque e da nessuna parte”. Si tratta di un’installazione coreografica nella quale un unico personaggio, il ballerino Brock Labrenz, cerca di districarsi fra una miriade di pendoli che scende dal soffitto, per esplorare il potenziale cinetico dello spazio. E allora li fa attorcigliare, imprime loro moti rotatori e ondulatori che si esauriscono per inerzia. L’azione prosegue per quattro ore (!), gli spettatori si alternano e rimangono chi per pochi, chi per tanti minuti, a guardare uno spettacolo senza parole, che mette a dura prova il fisico e la mente dell’interprete.Biennale danza 2012 risvegli 1

Affiancato ed in un certo qual modo guidato da un ottimo trio di percussionisti, il coreografo e danzatore africano (del Benin) Koffi Koko ha portato in prima mondiale al teatro Piccolo Arsenale ‘la beauté du diable’, che affronta il paradosso della vita. Koko concentra la sua indagine sulla figura del diavolo e poiché proviene da una cultura dove il divino e il diabolico sono ritenuti un’espressione unica, si interroga sulla percezione giudaico-cristiana del dualismo Bene/Male che al contrario li separa. E’ una danza piena di eleganza, dove il ballerino si immerge nell’intenso intreccio percussivo, che in forza di una ritmica ostinata, può ipnotizzare o portare ad uno stadio liberatorio di trance. Il Leone d’oro è stato attribuito quest’anno a Sylvie Guillem, la quale, si legge nella motivazione, “ha plasmato un repertorio vastissimo unendo sensibilità drammatica, potenza fisica e tecnica estrema. Ha ridisegnato la figura della ballerina a partire dalle sue doti naturali, sfidando le leggi della fisica con estensioni prima inimmaginabili e virtuosismi acrobatici eseguiti con estrema naturalezza, acclamata dalle platee di tutto il mondo, affrontando tecniche e stili diversissimi e coniugando popolarità con altissima qualità artistica”. Due giorni dopo il conferimento del premio, la Guillem ha riscosso un prevedibile successo al teatro Malibran in ‘6.000 miles away’, uno spettacolo composto da tre segmenti di coreografi diversi, dedicato al Giappone sconvolto dal disastro naturale, lo tsunami, e nucleare, che al debutto londinese lo scorso anno raccolse 80.000 sterline, devolute alla croce Rossa per le vittime della catastrofe. La prima coreografia, 27’52”, di Jirì Kyliàn, nata nel 2002 dalla collaborazione con il compositore tedesco Dirk Haubrich, si basa su due temi di Gustav Mahler ed è danzata da Aurélie Cayla e Lukas Timulak. ‘Rearray’, di William Forsythe, ha visto l’artista francese duettare con Massimo Murru, etoile della Scala. In venti minuti si assiste ad una danza molto istintiva, che spinge gli interpreti ad inventare, proporre e creare in assoluta libertà. Curioso il monologo ‘Bye’, creato appositamente per lei dal coreografo Mats Ek. Una giovane donna – e a 47 anni la Guillem appare ancora incredibilmente giovane e solare – sembra fuoriuscire da un piccolo schermo nella quale la si vede in un video girato da Elias Benxon. E’ come se il movimento, motore della vita, premesse per uscire, liberandosi da una serie di ostacoli. L’azione scenica è commentata qua e là dall’arietta dalla Sonata per pianoforte n. 32 di Beethoven, registrata da Ivo Pogorelich. Il pubblico, conquistato da un unicum di grazia e perfezione stilistica, rimane in silenzio, pronto ad esplodere in un chilometrico applauso al calar del sipario.

Infine un’informazione che farà piacere soprattutto a chi non ha potuto assistere agli avvenimenti. La Biennale, nel suo sito www.labiennale.org, ha reso visibile una sintesi degli spettacoli – ma ci sono per intero ‘Biblioteca del corpo’ e ‘Marathon of unexpected’- oltre a quella delle conferenze e degli incontri con il pubblico.