Intensa settimana di incontri con alcuni dei manager più illuminati del pianeta. Accettola “esperienza di notevole impatto, esportare da noi questo approccio al business sarebbe un sogno”
Abbandonate ogni speranza, coltivate i sogni; gli errori non vanno puniti; cercate chi ha capacità di imparare, non necessariamente solo gli esperti; per aver successo non bisogna essere bravi manager ma leader. Enrico Accettola, presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Udine, legge i suoi appunti di viaggio. Per un imprenditore, un viaggio di questo tipo non è “un viaggio”, ma “il viaggio”. Da Udine al cuore della Silicon Valley, nei meandri dei luoghi in cui è nato il mito di Steve Jobs, Bill Gates e molti altri.
Una delegazione di giovani imprenditori udinesi associati a Confindustria, capitanati dal presidente Accettola, ha fatto rotta sulla Silicon Valley in California per assaporare quanto di meglio l’economia mondiale oggi è in grado di offrire, carpendo magari qualche segreto, uno spunto o un consiglio su come migliorare le performance della propria azienda sul mercato e allacciando qualche contatto utile per opportunità future. Dopo aver incontrato a San Francisco il console italiano negli States Fabrizio Marcelli, il gruppo di imprenditori ha visitato le sedi di Google, Apple, Intel, Cisco, Linkedin, Funambol, VM Ware, Pixar e la Stanford University, il campus che ha un’estensione pari a quella della città di San Francisco (3.382 ettari) e che sforna ogni anno alcune delle più brillanti menti creative al mondo.
“La differenza fra le modalità di approccio al lavoro e il modello di business loro e nostro sono abissali, è in realtà tutto il sistema a funzionare in maniera esattamente contraria” – spiega Accettola. Un sistema, quello della Silicon Valley, interamente basato sulla centralità delle risorse umane nella sua più totale estremizzazione: “le aziende fanno a gara di benefit per trattenere i collaboratori più brillanti: piscine interne, mense gratuite con cucine di tutto il mondo, uffici trasformati in Spa o appartamenti privati, abbiamo visto davvero di tutto. Ma attenzione: se il collaboratore non performa, il licenziamento avviene improvvisamente il venerdì mattina. Come? Senza preavviso, il badge semplicemente smette di funzionare” – dice Accettola.
Quello che ha colpito la delegazione di imprenditori udinesi è la famosa “regola del 20” di Google: si tratta della concessione del 20% dell’orario settimanale di lavoro a uso e consumo del lavoratore, il quale può impiegarlo come meglio crede. É sorprendente come da questo 20% siano nati Google Earth e Gmail, divenuto il secondo “core business” di Google. La media età dei lavoratori è molto bassa e la selezione delle nuove figure professionali, molte delle quali provenienti dal campus universitario di Stanford, è ai massimi livelli. Un ingegnere junior può guadagnare da un minimo di 45.000 a un massimo di 250.000 dollari all’anno: ecco spiegata la fuga dei giovani cervelli italiani, che si trovano in gran numero nelle aziende della Silicon Valley. E pensare che allo stato attuale il sistema economico della zona ha un fabbisogno annuale di circa 750.000 ingegneri.
Oltre al lato risorse umane, un altro punto che colpito la delegazione udinese risiede nell’apertura dei fondi di investimento nei confronti delle start-up. Nella Silicon Valley non esiste l’obbligo di depositare i bilanci aziendali e la tassazione è estremamente agevolata, soprattutto per le giovani imprese. Si tratta di un sistema economico basato sul sostegno dei fondi di investimento, che tuttavia per fare il loro ingresso in azienda, per un periodo-tipo compreso fra i 3 i 5 anni, richiedono un business plan estremamente articolato e con rigorosi standard in grado di accertare il ritorno dell’investimento nel breve periodo. Ad attestare le profonde differenze con il sistema italiano c’è il fatto che i fondi “Made in Usa” preferiscono investire in realtà che sono fallite già una o due volte rispetto che in aziende ancora vergini sul mercato. Il motivo? Se qualcuno è già fallito significa che ha la giusta esperienza e ha sviluppato il famoso “pelo sullo stomaco” che il mercato richiede.
“Una riflessione finale è doverosa – chiosa Enrico Accettola. Dire semplicemente che un modello di business è giusto e uno sbagliato sarebbe fuorviante e riduttivo, va detto però che se fossimo capaci di osare un po’ di più e di applicare la formula Silicon Valley al talento tutto italiano, probabilmente avremmo trovato la perfetta quadratura del cerchio”.