Imu, rispetto al 2011, le famiglie pagheranno quest’anno 6,2 miliardi di euro in più

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giuseppe bortolussi cgia mestre 1Studio della Cgia che giudica eccessivo anche il carico gravante sugli immobili aziendali

Il 18 giugno prossimo scade il termine per il pagamento della prima rata dell’Imu per i privati e le aziende. A poche ore dal termine, fioccano gli studi e le proiezioni su quanto il nuovo balzello peserà sulle tasche delle famiglie e delle imprese.

Per l’Ufficio studio della Cgia di Mestre, l’Imu l’anno scorso non solo non si applicava sulla prima casa, ma gli effetti economici dell’Ici sulle seconde e terze case erano mediamente più leggeri rispetto a quanto si dovrà pagare con l’Imu. Risultato dell’aggravio voluto dal Governo Monti con la manovra “Salva Italia” dello scorso dicembre è che per l’anno in corso la sostituzione dell’Ici con l’Imu comporterà un maggiore aggravio fiscale per le famiglie italiane pari a 6,2 miliardi di euro.

“Una stangata – sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia – che rischia di deprimere ancor più i consumi delle famiglie che già oggi sono ridotti al lumicino”.

Secondo i calcoli effettuati dall’organizzazione artigiana che ha stimato quanto hanno incassato l’anno scorso i comuni italiani con l’applicazione dell’Ici sulle seconde e altre abitazioni (pari ad un importo che si aggira sui 3,15 miliardi di euro) e il gettito previsto quest’anno con l’applicazione dell’Imu, il gettito complessivo sulle abitazioni dovrebbe garantire all’Erario e ai Comuni italiani 9,3 miliardi di euro: 3,4 miliardi provenienti dall’applicazione dell’imposta sulla prima casa (interamente devoluto all’erario centrale) e 5,9 miliardi di euro dalle altre abitazioni (a metà tra erario statale e le casse dei singoli comuni).

Per Bortolussi “se si tiene conto che anche chi rateizzerà il pagamento dell’imposta sulla prima casa si troverà a versare il saldo sotto Natale, corriamo il rischio che una buona parte delle tredicesime se ne andrà per il pagamento di tasse e bollette. Una notizia che non farà certo piacere a quei commercianti ed artigiani che aspettano con trepidazione il periodo natalizio per rimpinguare il proprio fatturato annuo”. Questo non è tutto: “è molto probabile – conclude Bortolussi – che il gettito Imu da noi ipotizzato sia sottostimato, visto che buona parte dei Comuni sta ritoccando all’insù l’aliquota ordinaria soprattutto sulle seconde e terze case”.

Per gli immobili artigiani la situazione è anche peggiore: sempre secondo la Cgia, la stangata supererà addirittura i 1.500 euro all’anno. L’Imu sulle imprese pesa troppo e rischia di mettere in seria difficoltà intere filiere produttive. Per Bortolussi “quest’anno l’introduzione dell’Imu comporterà un aumento medio delle imposte sui fabbricati a carico delle attività economiche pari a 1.159 euro. Un aggravio fiscale che rischia di mettere in ginocchio molte piccole imprese”.

Per fare questo confronto, si è ipotizzato che l’aliquota Imu – applicata agli uffici, ai negozi commerciali o ai capannoni produttivi presenti su tutto il territorio nazionale – sia del 7,6 per mille. Per l’Ici, invece, si è deciso di far ricorso all’aliquota media nazionale applicata dai Comuni nel 2009: ovvero il 6,4 per mille. Inoltre, si è tenuto conto anche della rivalutazione dei coefficienti moltiplicatori che vengono applicati alle rendite catastali che, per effetto del decreto “Salva-Italia”, sono passati da 34 a 55 per i negozi e le botteghe, da 50 a 80 per gli uffici e gli studi privati, da 100 a 140 per i laboratori artigianali e da 50 a 60 per i capannoni industriali e gli alberghi.

Prendendo in considerazione solo gli immobili produttivi di proprietà delle aziende – anche se tra quelli di proprietà delle persone fisiche ci sono molti piccoli imprenditori artigiani, commercianti o liberi professionisti – l’applicazione dell’Imu, rispetto all’applicazione dell’Ici, darà luogo ad un aggravio della tassazione così suddiviso: 569 euro pro azienda in capo a negozi e botteghe; 949 € per ciascun proprietario di ufficio o studio privato; 1.566 € su ogni capannone industriale/artigianale. “Il risultato di questa simulazione – conclude Giuseppe Bortolussi – è condizionato dalla scelta dell’aliquota da applicare su tutta la platea degli immobili ad uso strumentale presenti nel Paese. La decisione di far coincidere l’aliquota applicata in questo caso/studio con quella ordinaria del 7,6 per mille, ci è sembrata la più equilibrata. Il risultato emerso da questa elaborazione ha confermato la grande preoccupazione sollevata in questi giorni da molti osservatori: se non saranno introdotte delle modifiche applicative, le imprese ed i liberi professionisti subiranno un aggravio, che potrebbe anche crescere di molto se i comuni porteranno l’aliquota al massimo di quanto consentito”.

 

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