Tondo, Seganti e De Anna hanno incontrato il responsabile europeo per la politica regionale
Obiettivi strategici delle politiche di coesione; riforma dei meccanismi di erogazione degli aiuti di Stato; prospettive future della cooperazione transfrontaliera. C’è piena sintonia, su questi temi cruciali, tra il Friuli Venezia Giulia e il commissario europeo per la Politica regionale, l’austriaco Johannes Hahn. Lo ha confermato il presidente della Regione, Renzo Tondo, al termine di un incontro con Hahn, che si è svolto in occasione del convegno sul tema “Europa nuovo pensiero”, promosso dallo stesso commissario per le Politiche regionali con la collaborazione della Regione, nel Salone di rappresentanza della sede della Presidenza in piazza Unità d’Italia a Trieste, cui hanno partecipato anche gli assessori alle relazioni internazionali e comunitarie, Elio De Anna, e alle attività produttive, Federica Seganti.
Tondo e Hahn hanno concordato innanzitutto sui grandi obiettivi della prossima programmazione 2014-2020 dei finanziamenti comunitari: ricerca e innovazione, piccole e medie imprese, energia. A questi il Friuli Venezia Giulia propone di aggiungere anche il turismo e la cultura.
La Regione, come ha voluto sottolineare Tondo, si è dimostrata virtuosa nell’impiego delle risorse europee. Per quanto riguarda la programmazione Por-Fesr 2007-2013, il Friuli Venezia Giulia ha impiegato finora 94,4 milioni di euro, su un totale di 106,3 milioni, ben al di sopra dell’obiettivo intermedio di 80,7. Ci sono tutte le premesse, dunque, per cogliere il risultato pieno da qui alla fine programma. È inoltre necessaria, secondo Tondo, una riforma degli aiuti di Stato, di fronte alle nuove sfide aperte dalla crisi economica, per ridefinire la mappatura delle aree e dei settori che ne possono beneficiare e rendere, nello stesso tempo, la strumento più flessibile nel corso dei sette anni di programmazione. Su questo, il commissario Hahn sta lavorando di concerto con il commissario per la Concorrenza, Joaquin Almunia.
Il Friuli Venezia Giulia, come ha ricordato Tondo, è capofila in Italia proprio sul tema degli aiuti di Stato, e gli indirizzi da imprimere alla riforma sono condivisi anche dalle altre Regioni. Sulla stessa linea si sono espressi recentemente, in un documento congiunto fatto pervenire ad Hahn, anche i parlamentari europei eletti nella circoscrizione NordEst.
Per quanto riguarda la cooperazione transfrontaliera, il Friuli Venezia Giulia sta operando contemporaneamente su tre fronti: l’Euroregione con Veneto e Carinzia, aperta a Slovenia e Istria croata; l’Euroregione Adriatico-Ionica, puntando soprattutto sulla collaborazione in campo marittimo; in prospettiva una macroregione Danubiana. “Siamo convinti – ha detto Tondo – che queste siano opportunità fra loro complementari, e mi auguro che le regole comunitarie rendano possibile il massimo livello di cooperazione territoriale”. È stata infine affrontata la questione del prossimo ingresso della Croazia nell’Unione europea. “Siamo consapevoli – ha detto Tondo – che l’allargamento alla Croazia modificherà le condizioni competitive in questa parte dell’Europa, e stiamo lavorando per affrontare il cambiamento assieme a Carinzia e Stiria. Il commissario Hahn ha ben chiara la situazione”.
Quanto al convegno “Europa nuovo pensiero. Regioni, innovazione e cultura”, organizzato dall’Università di Salisburgo con il patrocinio del commissario europeo per le Politiche regionali, l’austriaco Johannes Hahn, e il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, da questo è emerso che c’è bisogno di “più Europa”, perché tutti i più gravi problemi che i cittadini del Vecchio Continente stanno vivendo oggi, dalla crisi economica alle sfide dell’immigrazione, non possono essere risolti se non a livello europeo, e non dai singoli Stati nazionali. Ma da dove partire per far compiere all’Unione un decisivo passo in avanti? Dalla dimensione regionale, dal riconoscimento e dalla valorizzazione di ciò che è, sul piano storico e culturale, specificamente europeo: la diversità e la molteplicità.
Alla discussione, che è stata coordinata dal Michael Fischer dell’Ateneo di Salisburgo, hanno partecipato lo stesso commissario Hahn, lo scrittore Claudio Margis, il giornalista Michael Fleischhacker, redattore capo della “Die Presse” di Vienna, lo studioso di letteratura e traduttore Primus-Heinz Kucher, dell’Università di Klagenfurt, la presidente del Festival di Salisburgo, Helga Rabl-Stadler. Le conclusioni sono state affidare allo scrittore triestino di lingua slovena Boris Pahor. Per Claudio Magris, la caratteristica e originale “varietà” dell’Europa “si sente oggi minacciata ed è essa stessa una minaccia. Si sente minacciata – ha spiegato – dalla globalizzazione e dall’omologazione e reagisce perciò con il particolarismo, con una diversità che diventa selvaggia e
ringhiosa, creando una tensione pericolosa”. Ecco perché, ha rilevato Magris, occorre superare decisamente l’attuale assetto dell’Unione, ormai asfittico, per arrivare alla costruzione degli “Stati Uniti d’Europa”, con un Governo e un Parlamento che siano davvero espressione diretta dei cittadini europei. Questo obiettivo ambizioso potrà essere raggiunto, secondo lo scrittore e germanista triestino, solo se sostenuto da una chiara volontà politica da parte delle classi dirigenti, anche se il percorso andrà affrontato con gradualità e senso della realtà, senza fughe in avanti.
Il commissario Hahn si è mostrato meno pessimista sullo stato di salute dell’Unione europea, che oggi rappresenta ormai per i giovani – ha rilevato – un dato di fatto, una “normalità”. Gli Stati nazionali, secondo Hahn, stanno vivendo “una fase di ripiegamento”, mentre sono cresciuti in Europa i livelli intermedi di governo. Bisogna dunque partire “dal basso”, trarre la forza dalla molteplicità, far crescere la cooperazione interregionale sul piano economico, sociale e culturale per rafforzare l’Unione europea. Boris Pahor ha concluso la tavola rotonda con la lettura di un brano di una sua opera, sulla tragica esperienza vissuta dalla comunità slovena durante il fascismo, che arrivò al punto di impedire l’insegnamento e persino l’uso pubblico dello sloveno. Da qui è partito per una riflessione più generale sulle lingue europee. L’Europa potrà dirsi davvero realizzata, ha osservato Pahor, soltanto nel momento in cui tutte sue numerose lingue avranno pari dignità.