Canone speciale Rai per i computer aziendali: marcia indietro dell’azienda di Stato

0
550
Giuseppe Sbalchiero

Giuseppe SbalchieroSuccesso della protesta delle categorie economiche spalleggiate dalle forze politiche di opposizione al Governo Monti. Nuova interpellanza della Lega Nord al Senato

Le migliaia di cartoline di protesta che sono state recapitate in questi giorni al Ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, su iniziativa degli artigiani iscritti alla Confartigianato del Veneto, e non solo, che hanno espresso in questo modo la loro richiesta di togliere l’ennesimo vergognoso balzello appioppato alla chetichella dalla Rai sono servite a far fare marcia indietro all’azienda di Stato.
Soddisfazione dalla presidenza di Confartigianato Veneto: per Giuseppe Sbalchiero “una protesta, come è nostra tradizione, composta ma che ha dato già dei risultati. E’ notizia di questi minuti che la RAI ha fatto marcia indietro. Dopo le polemiche sull’abbonamento speciale dovuto per pc, tablet e smartphone, l’azienda radiotelevisiva pubblica, alla luce di un confronto con il dipartimento delle comunicazioni presso il ministero dello Sviluppo, ha precisato che il mero possesso dei computer non comporta il pagamento del canone speciale”.
Caso chiuso quindi? “Non è del tutto certo – precisa Sbalchiero -. Nella migliore delle tradizioni dei moloch burocratici, la nota della RAI – che, per inciso, mi sembra sull’argomento in totale confusione – afferma testuale: ‘il canone speciale dovuto da imprese, società ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori (digital signage) fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali imprese, società ed enti abbiano già provveduto al pagamento per il possesso di uno o più televisori’. Una dicitura più restrittiva di quella precedente, ma che lascia a nostro avviso troppi spazi all’interpretazione”. Per Sbalchiero “quello che serve a questo Paese sono semplicità, coerenza e chiarezza! Sarebbe quindi opportuno che la norma, vecchia ricordo di oltre settant’anni, venisse cambiata escludendo per sempre gli apparecchi non televisivi. Aver comunque ottenuto una interpretazione restrittiva così da lasciare fuori dal perimetro del canone speciale le apparecchiature collegate in rete resta un buon risultato. Speriamo che il caso della ‘tassa sul futuro’ si chiuda definitivamente, senza se e senza ma”.
Sergio DivinaProprio per mettere la parola fine ad una vicenda nata male e gestita peggio dalla Rai all’affannosa ricerca di risorse per finanziare sprechi, spettacoli fallimentari e clientele familistiche s’inserisce la nuova interpellanza presentata al Senato dagli esponenti leghisti Sergio Divina, Paolo Franco, Piergiorgio Stiffoni e Roberto Castelli. Secondo gli interpellanti “è indispensabile chiarire, nelle more dell’adozione degli atti successivi necessari alla risoluzione della questione,  sospendere gli effetti delle richieste di pagamento inviate dalla RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. per la corresponsione del canone speciale di abbonamento e conseguentemente l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazione dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”, oltre a ribadire l’opportunità che “il Ministro identifichi con chiarezza ed urgenza quali sono  gli apparecchi per i quali è dovuto il pagamento del canone Rai, escludendo specificatamente quegli strumenti che normalmente sono utilizzati come strumenti di lavoro quotidiano nelle imprese, nelle società e negli studi professionali”. Per il senatore Divina “anche se la Rai in queste ore ha fatto una sostanziale marcia indietro, rimane la possibilità che la formulazione utilizzata per rimangiarsi il provvedimento lasci aperta l’evenienza di chiedere il canone speciale a tutte le partite Iva che non paghino già il canone televisivo, obbligando comunque aziende, professionisti, commercianti a pagare a prescindere un canone alla Rai per cercare di raggranellare nuove risorse finanziarie”. Per Divina “il Ministro competente deve chiarire in modo univoco che le aziende e i professionisti che non possiedono televisori ma solo strumenti informatici utilizzati per l’attività aziendale non sono soggetti in alcun modo al pagamento del canone radiotelevisivo”.