Nuovo Statuto della regione Veneto: ecco cosa cambia

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Sussidiarietà, responsabilità deleghe e autonomia per la provincia di Belluno, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri, del costo della politica e accelerazione del processo decisionale

Elezione diretta del presidente della Regione: è la principale novità dello Statuto veneto appena approvato, in seconda lettura dal consiglio regionale, rispetto alla carta del 1970. Il nuovo Statuto recepisce e conferma, infatti, l’innovazione costituzionale del 1999 confermando il sistema in vigore ormai da tre legislature dell’elezione a suffragio universale del ‘governatore’ e dei consiglieri regionali.
Il numero dei consiglieri dovrà essere proporzionale al numero degli abitanti (uno ogni 100 mila abitanti, più il presidente eletto e il primo sconfitto) ma non potrà in ogni caso superare i 60: con le prossime elezioni del 2015 l’assemblea legislativa del Veneto dovrebbe contare 51 componenti, appena uno in più rispetto ai 50 eletti del 1970, quando il Veneto contava meno di 4 milioni di abitanti.
Tra i compiti prioritari del nuovo Statuto c’è il riequilibrio dei poteri tra Presidente, Giunta e Consiglio. Al Presidente eletto direttamente dai cittadini e che può scegliersi gli assessori anche al di fuori del Consiglio (la quota di ‘esterni’ potrà arrivare sino al 50%), il nuovo Statuto contrappone i poteri rafforzati di un Consiglio, “organo di rappresentanza democratica del popolo veneto”, che può sfiduciare il governatore (determinando così la fine anticipata della legislatura), censurare un suo assessore e incalzare l’operato dell’esecutivo con un’opera di indirizzo e vigilanza più stringenti. Al Consiglio spettano, innanzitutto, il potere legislativo e le funzioni di programmazione e di controllo, oltre che il potere di nomina e di indirizzo sulle società partecipate dalla Regione.
Rispetto allo Statuto del 1970, viene introdotta la nuova figura del ‘consigliere delegato’, quasi un ‘pontiere’ tra assemblea e Giunta, con diritto di partecipare alle sedute di Giunta, ma senza diritto di voto. Altra novità, il rinnovo del presidente del Consiglio e dell’Ufficio di presidenza a metà legislatura, dopo i primi 30 mesi. Il Consiglio regionale viene rafforzato nel proprio ruolo di rappresentanza democratica con maggiori garanzie riconosciute alle opposizioni, alle quali spetterà adeguata rappresentanza nelle presidenze delle commissioni, propri relatori per le proposte di legge e il diritto di determinare una quota fissa dei provvedimenti da portare in discussione in Consiglio. Il Consiglio avrà anche una maggiore autonomia funzionale e organizzativa rispetto al passato grazie anche al riconoscimento di uno specifico ruolo organico per i propri dipendenti. Infine il nuovo statuto accorpa le due figure del Difensore civico e del Pubblico tutore dei minori (istituite a fine degli anni Ottanta), creando il nuovo ufficio del Garante regionale dei diritti della persona, che avrà sede presso il Consiglio e dovrà occuparsi anche dei diritti dei detenuti. Nuova è anche l’istituzione della Commissione di garanzia statutaria, organo di consulenza composto da tre esperti di chiara fama nominati dal Consiglio, che dovrà decidere in merito all’ammissibilità delle richieste di referendum e delle proposte di legge di iniziativa popolare e pronunciarsi su questioni di interpretazione dello statuto o delle leggi.
Nello Statuto del 1970 la parola ‘chiave’ che definiva le funzioni della Regione era “programmazione”; un ruolo quasi da regista, che si traduceva in piani e programmi di sviluppo e in corrispondenti “deleghe” amministrative agli enti locali. Nello Statuto del 2012 prevalgono altri termini: “sussidiarietà” e “collaborazione”, “efficienza amministrativa” e “autonomia finanziaria”.
Da una Regione ‘coordinatrice’ delle autonomie locali si passa – con il nuovo Statuto – ad una Regione che valorizza le autonomie trasferendovi il più possibile competenze, risorse e personale in modo da evitare doppioni e sovrapposizioni e portare servizi e decisioni il più vicino possibile ai cittadini. La Regione non rinuncia tuttavia al ruolo di ‘regista’, promuovendo l’esercizio associato di funzioni tra Comuni, oltre a forme di aggregazione metropolitane e interregionali per lo sviluppo di servizi e di reti, e attribuendosi il diritto di esercitare i poteri sostitutivi nei casi di inerzia degli enti locali.
Per la prima volta la carta statutaria dedica un riconoscimento specifico ai territori montani e alla provincia di Belluno, alla quale conferisce “forme e condizioni particolari di autonomia amministrativa, regolamentare e finanziaria” (art.15). Tra le altre novità compare il Consiglio delle autonomie locali (art. 16), organo di consultazione permanente e obbligatoria composto da non più di 30 persone, che dare voce agli enti locali su leggi statutarie, finanziarie o che riguardano le funzioni di Comuni, Province e autonomie funzionali. Tra i nuovi compiti della Regione lo Statuto del 2012 indica anche i rapporti internazionali, disegnando un ruolo attivo e propositivo del Veneto non solo nelle relazioni transfrontaliere ma soprattutto nei confronti dell’Unione Europea: la Regione si impegna a partecipare alla formazione degli atti normativi europei e ad eseguirne atti ed accordi internazionali.
La perentoria quanto generica rivendicazione all'”autogoverno”, inserita dai ‘padri costituenti’ nelle prime righe della carta del 1970, nel nuovo Statuto appare maggiormente articolata con una reiterata affermazione di “autonomia legislativa, regolamentare e finanziaria” della Regione, pur sempre coniugata con il rispetto della Costituzione e dei diritti-doveri dei contribuenti (art. 19, 30 e 31).
Cambiano anche i meccanismi di partecipazione diretta e indiretta dei cittadini alla funzione legislativa della Regione, in coerenza con il mutato quadro demografico del Veneto: serviranno 40.000 firme (e non più 30.000) per indire un referendum abrogativo di una legge o di un atto amministrativo, ma in compenso saranno possibili anche referendum consultivi su atti regionali a richiesta diretta dei cittadini o degli enti locali. Viene alzata a 7.000 dai precedenti 5.000 la soglia del numero di firme necessarie per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare, ma in compenso il nuovo Statuto prevede che il Consiglio la debba iscrivere all’ordine del giorno e discutere trascorsi sei mesi dalla sua presentazione, ponendo così fine all’insabbiamento al quale queste proposte sono state di fatto finora confinate.