Le offerte sottocosto della bandiera degli spumanti metodo classico italiano (Ferrari Brut) fanno discutere sulle modalità di tutela e di promozione dello spumante trentino
Il mondo delle bollicine sta ancora stilando il bilancio delle stappature di fine anno che, secondo lo studio dell’Osservatorio vini spumanti effervescenti (Osve) diretto da Giampietro Comolli, stima in 420 milioni circa le bottiglie di spumanti italiani stappati nel 2011, pari a 1,2 miliardi di euro di produzione lorda vendibile all’origine e a oltre 2,9 miliardi di euro al consumo. In Italia il consumo è in leggero calo, intorno a 150 milioni di bottiglie di produzione nazionale (-1%) cui si aggiungono 7 milioni di prodotti importati, quasi totalmente di provenienza francese. In discesa ancora il consumo di spumanti italiani fuori casa (-4%), soprattutto nei ristoranti di alto livello, tengono e confermano le posizioni le bollicine metodo classico, seppur nelle liste dei vini il rapporto fra produzione nazionale e estera, quando va bene è di 1 o 2 ogni 4 referenze. Anche nel 2011 si registra un ulteriore spostamento dei gusti verso le tipologie brut (secco) e il extradry (aromatico) per gli spumanti generici e per il Prosecco sul mercato interno nazionale con oltre il 70% del totale dei brindisi richiesti. Il mercato interno vede un calo degli spumanti rosè dopo anni di trend positivo e sono in calo le bollicine metodo classico fra i marchi non territoriali. Trentodoc tiene e consolida le posizioni tradizionali, ampliando i mercati, bene anche il Franciacorta e l’Altalanga in piena sinergia con l’andamento eccezionale del Asti Docg.
Se per Prosecco, Franciacorta e Oltrepò pavese tutto fila liscio o quasi, sul Trentodoc sembra addensarsi qualche nuvola, destinata ad ingrandirsi a seguito delle discussioni che sono in corso tra i produttori all’interno del consorzio di tutela, cui s’aggiungono gli effetti delle promozioni sottocosto di cui è stato protagonista la bandiera degli spumanti Metodo classico, il Ferrari Brut, offerto nelle catene distributive (GDO) di Esselunga e di Coop Firenze decisamente sottocosto a circa il 50% del prezzo di listino.
E’ notorio che la GDO, ma non solo, decide la politica dei prezzi autonomamente e si sa anche che esistono da sempre i prodotti civetta. Non molti, infatti, se ne saranno usciti dai supermercati con la sola bottiglia del prestigioso spumante strillata in offerta. E’ il rischio, almeno fino ad un certo punto, che corre il prodotto di prestigio che, per fare numeri sul mercato (indispensabili pure per i marchi blasonati per chiudere bene il bilancio aziendale), si dà alla GDO.
Se tra i produttori si tende a minimizzare sulla questione dei prezzi, in seno al consorzio del Trentodoc si parla e tanto sulle linee d’azione per il futuro, specie all’indomani della nomina del nuovo consiglio d’amministrazione. Fra le annunciate linee strategiche, infatti, accanto al monitoraggio delle bottiglie prodotte ed al calcolo delle quote di compartecipazione alle spese pubbli-promozionali del consorzio, si auspica un livello di prezzi minimi per la vendita. Un tema molto delicato, visto che se un gruppo di produttori, anche piccolo, facendo lobby concordasse i prezzi, ancorché minimi, farebbe un cartello, ponendosi così su un piano d’illegalità immediatamente sanzionabile. Il prezzo è meglio che continui a farlo il mercato quale risultante dell’incontro fra la domanda e l’offerta. Gli spumantisti trentini dovrebbero ben guardarsi dal farsi sangue cattivo parlando di prezzi, sia perché quelli al consumo li fissa il negoziante, sia perché ci sarebbero mille modi per eludere un accordo sui prezzi.
Per Fabio Piccoli, neo direttore del consorzio Trentodoc, “la politica dei prezzi civetta finisce per danneggiare l’immagine dei prodotti. Bisognerebbe sforzarsi di attivare una seria politica di collaborazione interprofessionale tra i produttori e la GDO per ovviare a questi problemi, magari per aprire anche al mondo della produzione tutti quei dati statistici afferenti al consumo che la GDO possiede, utili anche per programmare meglio l’offerta delle cantine”. Ma ciò non è tutto: per Piccoli “la redditività del canale della GDO negli ultimi anni è andata calando e il fatto che questo canale assorba ormai il 70% del volume delle vendite deve accendere qualche allarme sulle politiche del prezzo”.
Preoccupa anche la visione con cui la nuova dirigenza del Trentodoc sembra voler affrontare il 2012: in concreto, fino ad oggi, non si è andati più in là di una generica elencazione di iniziative di valorizzazione del marchio rinviando a chissà quando tutto il discorso che sta a monte e che pure dovrebbe interessare un consorzio fra produttori, ossia quello della tutela del prodotto. Per fare un esempio, tutela è definire il prodotto: nel caso degli spumanti Metodo classico “Made in Trentino” è “Trento” come dice il decreto di riconoscimento nazionale o è “Trentodoc”, marchio depositato dall’agenzia pubblica per l’attività istituzionale dato in uso anche ai produttori? Prima di agire sul mercato spendendo una montagna di soldi per lo più pubblici, si dovrebbe decidere su quale marchio agire, anche perché continuare ad enfatizzare la “Doc” su un vino spumante si rischia di ingenerare confusione tra i consumatori, che normalmente associano la “Doc” ad un vino tranquillo, non effervescente. Cosa già fatta propria dai produttori di Prosecco, Asti e di Franciacorta che non per nulla si fregiano di una “Docg”. Inoltre, tutela è anche essere coerenti quando si enfatizza il Trentodoc come “spumante di montagna”: l’elenco alfabetico dei Comuni viticoli trentini inizia con Arco, località posta sul lago di Garda, il cui territorio si articola dai 65 ai 2.095 metri di quota, con molti vigneti di Chardonnay posti nella splendida piana antistante il castello che vengono normalmente utilizzati per produrre le basi spumante del Trentodoc. Sarebbe utile fare chiarezza, visto che solitamente si intende la montagna o l’alta collina normalmente dai 350 m in su. A chi compete tirare questa riga fra le vigne per decidere chi può fare effettivamente il Trentodoc? Se in Francia ci pensò Napoleone ad obbligare le Maison che vi si attengono ancor oggi, in Italia chi monterà la ghigliottina che rischia di scontentare molti produttori? Forse, meglio considerare tutti cavalieri della vigna e dedicarsi solo alla promozione, così come si è fatto fino ad ora. Proprio su questi temi è chiamato ad impegnarsi il nuovo direttivo del consorzio, ad iniziare dal direttore Piccoli: “dobbiamo investire tutti assieme per fare capire al consumatore cosa sta consumando nel bicchiere, valorizzando i plus degli spumanti Metodo Classico, cui appartiene il Trentodoc, che deve distinguersi dai vini effervescenti Charmat. Credo che sia opportuno attivare collaborazioni strette con Franciacorta e Oltrepò Pavese per centrare questo obiettivo comune, per poi passare a curare meglio il canale distributivo attraverso la GDO che deve essere ripensato, magari affiancando i negozianti con degli assistenti alla vendita per orientare i consumatori nella scelta dei vari prodotti, che oggi sono offerti in modo unitario senza distinzioni di caratteristiche e di tipologia”.