Ripensare l’offerta di vino nella ristorazione perché la crisi è solo un alibi al calo dei consumi

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Si apre il dibattito sul vino nella ristorazione in vista del Vinitaly

Finite le feste non bastano le bollicine, che a pieno diritto stanno diventando un vino da tutto pasto, a tenere su i consumi di vino nei ristoranti. Così le carte dei vini languono e l’offerta si assottiglia, specie dove una volta c’erano più di 100 etichette: Lo dice il sondaggio di Vinitaly che ha coinvolto 300 ristoranti top in Italia estrapolati dall’incrocio delle principali guide italiane (Gambero Rosso, Il Golosario, Slow Food, L’Espresso, Jeunes Restaurateurs d’Europe).

“Nel 2011 per primi abbiamo aperto il dibattito sul recupero del mercato interno – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –. Il tema è rimasto quanto mai attuale, così abbiamo deciso, in preparazione della nuova edizione di Vinitaly, di approfondire l’argomento focalizzandoci sul canale che ha indubbiamente necessità di individuare nuovi strumenti e modalità di approccio al consumatore, così da arrivare all’appuntamento del 25-28 marzo con un bagaglio di informazioni e opinioni dai quali cercare di trarre delle conclusioni utili per l’intero settore”.

Quattro le domande poste ai principali attori della filiera: produttori, distributori, ristoratori, comunicatori, per capire se si tratta veramente di crisi economica o se piuttosto è in atto un cambiamento dei gusti dei consumatori, sempre più attratti dai vini di altri Paesi. E se i gusti stanno cambiando, dove stanno andando? Servono nuove strategie di presentazione del prodotto e in questo caso quali? Un appuntamento settimanale fino a marzo, un dibattito aperto ai commenti di tutti sul sito http://aspettando.vinitaly.com.

Secondo Daniele Simoni, direttore di Schenk Italia, “la riduzione del numero di etichette offerto presso i ristoranti è causata da una serie di eventi che si sono verificati nello stesso periodo: crisi economica, diminuzione del limite consentito come tasso alcolico per chi guida, con conseguenti controlli più severi, e una clientela più selettiva nella scelta dei vini. Messi a dura prova, i ristoratori hanno dovuto fare di necessità virtù per evitare di avere stock con poca rotazione, e pertanto non redditizi”.

L’analisi del rappresentante della distribuzione è solo in parte condiviso da produttori e ristoratori. Per i primi risponde Lucio Mastroberardino, presidente di Uiv (Unione italiana vini): “credo che la crisi si sia innestata su un problema più profondo che riguarda la ristorazione. A dirlo non sono io, ma il direttore di Fipe (Federazione italiana pubblici esercenti, Edi Sommariva, che riconosce alla categoria poca managerialità, ristoratori che scambiano l’incasso con il guadagno, per cui alla fine si trovano strangolati dalle spese, magazzino compreso”. Punta invece il dito sulle leggi che regolamentano la somministrazione di alcol lo chef Giancarlo Perbellini, proprietario del Ristorante Perbellini di Isola Rizza (Verona).

Per rivitalizzare i consumi non c’è una ricetta unica. “Occorre – secondo Mastroberardino – un differente approccio nella presentazione e nel servizio ai clienti, che sempre più necessitano di qualcosa in più, come informazione, formazione, anche intrattenimento sul vino, come il coinvolgimento dei produttori”. Molto possono fare i sommelier. “Nel mio ristorante – dice Perbellini – il sommelier determina il 90% delle vendite. Il cliente apprezza la figura di un referente specifico, accettando di discutere i consigli che gli vengono suggeriti e i confronti che stimolano una conversazione competente e dalla quale poter trarre, magari, anche nuove considerazioni”. “Chi ha queste caratteristiche – afferma Marco Gatti, giornalista enogastronomico – sapendo gestire acquisti, vendita e servizio, non è un costo, ma diventa una risorsa preziosa per il locale in cui opera”.

Intanto, cambiano anche i gusti dei clienti, con le bollicine che prendono il posto dei vini muscolosi tanto amati negli anni scorsi e le etichette straniere, non solo francesi, sempre più richieste. Secondo Gatti, il crescente interesse per i vini di altri Paesi dipende dal fatto che “i consumatori oggi bevono meno ma meglio, il che implica una maggiore curiosità”. Questo allarga i confini della competizione e “la sfida oggi è più che mai sul campo della qualità. Senza pregiudizi”. Inoltre, “il consumatore italiano – puntualizza Simoni – é ormai abituato a viaggiare ed è sempre più interessato a riassaggiare i sapori che ha degustato all’estero. Questo fenomeno fino ad oggi è andato a vantaggio dell’esportazione dei nostri vini, ma in futuro dovremo abituarci anche a subirlo in parte, soprattutto da Paesi, come la Spagna, molto interessanti dal punto di vista turistico, che sono anche un nostro concorrente temibile in termini di rapporto qualità/prezzo”.