No alla liberalizzazione e alla vendita di farmaci nelle parafarmacie. Lettera aperta all’assessore alla sanità della provincia di Trento
I giovani farmacisti del Trentino Alto Adige scendono in campo sul tema caldo della liberalizzazione della vendita dei farmaci, chiedendo più che la liberalizzazione e la vendita dei farmaci di fascia C nelle parafarmacie concorsi per l’apertura di nuove farmacie sul territorio, in modo da soddisfare le esigenze dei giovani farmacisti ad avere una sede.
Ecco il contenuto integrale della lettera indirizzata all’assessore alla sanità della provincia di Trento, Ugo Rossi.
“Gentile assessore Rossi, Le scriviamo a pochi giorni di distanza dall’approvazione del decreto legge “Salva Italia”. Nonostante all’ultimo momento ci siano state delle modifiche all’articolo 32 (commi 1, 1-bis e 4) e i farmaci con ricetta medica rimarranno in farmacia (la cerchia di essi si restringerà a favore di quelli da banco), lo stato d’animo di noi giovani farmacisti in questi giorni rimane pessimista e inquieto. C’è la consapevolezza che la strada presa dall’attuale Governo sia una liberalizzazione cieca anche per il nostro settore e ci aspettiamo nuovi scossoni del mondo Farmacia così com’è attualmente.
La provincia di Trento è la seconda in Italia per numero di farmacie per abitante. Siamo presenti fin nei paesi più piccoli e lontani dalla città, la tradizione asburgica e una terra ricca di piante medicinali ci hanno permesso di costruire una cultura della salute che ha conquistato – e in buona parte mantenuto – la fiducia delle persone. Ci sentiamo in dovere di difendere quanto di buono è stato creato finora e su questa linea proporre dall’interno un cambiamento della nostra professione, affinché la Farmacia torni ad essere un presidio territoriale di riferimento del Sistema Sanitario Nazionale.
Una liberalizzazione basata sul prezzo della merce (il farmaco) anziché sul valore della professione (il farmacista), non porta vantaggio a nessuno, tranne a chi fa della merce un business al di là di qualsiasi scrupolo etico (le aziende farmaceutiche, da sempre impegnate a cercare e/o creare nuovi canali di vendita).
Non porta vantaggio ai giovani farmacisti, i quali se anche riuscissero ad aprire una parafarmacia, sarebbero tentati a vendere più farmaci, visto il margine di guadagno sempre più esiguo a causa della possibilità di fare sconti. Altrimenti – o inoltre – cercherebbero di monetizzare in settori diversi (giocattoli per bambini, oggettistica, profumeria etc.) che con la salute non c’entrano granché, rendendo il proprio luogo di lavoro una sorta di bazar, altro che casa della salute. Non porta vantaggio ai grossisti di medicinali, anch’essi colpiti dall’assottigliamento dei margini e che spesso verrebbero scavalcati dalla vendita diretta dell’azienda farmaceutica. Non porta vantaggio, soprattutto e infine, alle persone, che si troverebbero di fronte un presidio smembrato dove si orienterebbero a fatica e che privilegerebbe i grandi centri, dove già l’offerta è alta e qualificata.
Altresì, una liberalizzazione così come da decreto prima dell’emendamento proposto dalle commissioni, permetterebbe alle grandi catene (Alliance Boots, Doc Morris, Celesio) di aprire migliaia di punti vendita anche in Italia, facendo della dispensazione dei farmaci un affare da commercio in franchising, e alla grande distribuzione organizzata di allargare ulteriormente l’offerta di merce, diventando il tanto sognato “Grande magazzino”, il “mall” all’americana dove il consumatore (ormai non si parla più di persona) trova tutto e a prezzi di saldo.
Esiste un’alternativa a questo scenario, che dall’immobilismo esercitato dai rappresentanti di categoria negli ultimi decenni, muove verso un nuovo modello di farmacia.
Troviamo opportuno intervenire sul quorum, ovvero sul numero minimo di abitanti necessari per aprire una farmacia. Al momento, esso è fermo a 5.000 persone ma, complice l’innalzamento dell’età media della popolazione, è ancora più importante essere vicini alle persone, per consigliarle al meglio ed offrire quei servizi sanitari (piccole medicazioni, iniezioni, ausilio di infermieri o fisioterapisti, supporto alla terapia farmacologica cronica etc.) che un ospedale o un ambulatorio non può offrire con la stessa capillarità e immediatezza.
Per lo stesso motivo, urge la modifica della pianta organica, ovvero la distribuzione territoriale delle farmacie. Non è passato molto tempo dall’ultima revisione, tuttavia se ci limitiamo al solo Trentino, riteniamo che ci sia spazio per almeno un 10% in
più di presidi farmaceutici, che sarebbero appetibili e ambiti dai giovani colleghi. Occupazione, servizio e vitalità della categoria ne gioverebbero. Al momento infatti le prospettive dei farmacisti non titolari (la stragrande maggioranza degli iscritti all’ordine), raramente differiscono da una vita da dipendente con pensione tra i 60 e 70 anni. Sollecitiamo la riapertura dei concorsi per l’assegnazione di una sede farmaceutica, fermi da più di 4 anni, per permettere anche ai colleghi più giovani e “freschi” di studio di potersi aggiudicare una farmacia.
Come può ben vedere, le alternative al modello inizialmente prospettato dal “Salva Italia” sono realizzabili, evitando di cedere al mercato, la cui invadente presenza nel campo della salute ha provocato solo disastri. Siamo ben consci di come per alcune di esse sia necessaria una volontà politica che vada al di là delle competenze Provinciali. Tuttavia pensiamo che sia opportuno iniziare a discuterne già a livello locale e per questo motivo siamo a proporLe un tavolo di confronto per porre le basi della Farmacia trentina, non di quella del futuro, ma già del presente. Ci piace immaginare che tra gli obiettivi di un Sistema Sanitario “sano” sia vendere meno farmaci e in maniera più oculata, anziché venderli ovunque ad un prezzo minore. È questo lo spirito con cui ci infiliamo il camicie e ci mettiamo dietro il bancone tutti i giorni, è da qui che ci piacerebbe (ri)partire”.
Immediata la risposta dell’assessore Rossi: “non ne facciamo una questione ideologica: quando sono arrivate le richieste di aumentare il numero di farmacie sul territorio abbiamo verificato l’effettiva necessità e non ci siamo mai tirati indietro”. Per Rossi “andrà verificata se c’è la necessità di un tale aumento nel caso in cui sarà il territorio a richiederlo noi lo prenderemo in considerazione”.