Zaia: “il Veneto officina della legalità. Complimenti alla GdF”. Sangalli (Confcommercio): “molto bene, ora rafforzare la lotta contro l’illegalità”
Avevano aperto bottega in un batter d’occhio, ma altrettanto velocemente hanno dovuto chiudere le serrande centinaia di bar e ristoranti, gestiti per lo più da immigrati, che avrebbero truffato 552 comuni italiani con falsi certificati per il commercio.
La Guardia di Finanza di Padova, che ha scoperto il maxi-raggiro, ha già chiuso circa 200 tra bar, ristoranti, pizzerie e negozi di parrucchiera non in regola con i permessi e le licenze, denunciando 1.600 persone. L’indagine delle ‘fiamme gialle’, estesa a 18 regioni italiane, è stata denominata ‘La grande Serrata’. Sono 207 per ora gli esercizi interessati: 53 sono già stati chiusi, 39 sono le mancate aperture, mentre per altri 115 sono in corso le procedura per la chiusura. Nel Veneto sono stati ben 216 i Comuni truffati dall’organizzazione dei falsi Rec; seguono il Lazio (85 Comuni), la Lombardia (75), l’Emilia Romagna (35) e la Toscana (22).
Oltre a quelli già chiusi, altri 2.000 esercizi commerciali sono sotto indagine dei finanzieri. A canalizzare il flusso di aspiranti baristi e ristoratori verso le centrali dei falsi Rec (atti del Registro Esercenti il Commercio) erano 5 studi di commercialisti, tutti in Veneto, e numerosi ‘caporali’, soprattutto asiatici, incaricati di raccogliere le adesioni all’illecito commercio di attestati e cercare nuovi clienti. I reati vanno dal favoreggiamento all’immigrazione clandestina (il Rec serve per lavorare, e consente di avere il permesso di soggiorno), dalla frode fiscale al falso in atto pubblico. Per conseguire il Rec, necessario per somministrare pasti e bevande, bisogna frequentare un corso professionale di 120 ore.
Per ‘accorciare’ i tempi bastava affidarsi all’organizzazione, sborsando somme fino a 1.800 euro. Tre degli studi di commercialista indagati dalla GdF hanno sede a Padova, uno a Verona e un altro a Vicenza. L’indagine è la prosecuzione di un’operazione, denominata ‘Testa di Serpente’, con la quale nel luglio scorso le Fiamme Gialle e la magistratura padovana avevano smascherato un giro di immigrazione clandestina e frodi fiscali gestite da professionisti veneti ed asiatici. All’epoca c’erano stati tre arresti, tra cui il titolare di una società di servizi alle imprese. Scavando tra le carte e analizzando i computer sequestrati, i finanzieri avevano scoperto innumerevoli falsità documentali, tra cui centinaia di Rec e libretti formativi. Seguendo le tracce investigative, i finanzieri hanno accertato che la pratica dei certificati e i libretti illeciti per il commercio si era diffusa su tutto il territorio nazionale. Le fiamme gialle sono così arrivate in alcune province del centro Italia dove hanno verificato che i falsi certificati non erano più tali sotto l’aspetto materiale, ma ideologico: in pratica la scuola abilitata al loro rilascio (su moduli originali), li consegnava ad aspiranti gestori di locali che, anziché frequentare le lezioni per due mesi, arrivavano in giornata da tutta Italia, firmano registri presenze falsificati, sostengono esami finali conoscendo già tutte le risposte e se tornavano a casa ‘diplomati’.
L’operazione della Guardia di Finanza di Padova porterà un po’ di introiti anche alle casse degli oltre 550 Comuni truffati. Le amministrazioni, quali beneficiarie delle sanzioni, incasseranno fino ad un massimo di 230.000 euro complessivi. Per chi apre un’attività che serve cibi e bevande senza le autorizzazioni previste, oltre alla chiusura, scatta una sanzione amministrativa che va da 516 a 3.098 euro; ci sono poi 70 euro di multa nel caso di personale assunto senza libretto formativo.
L’operazione della GdF è stata salutata positivamente dal presidente della regione Veneto, Luca Zaia: “questa complessa operazione costituisce uno dei più rilevanti colpi messi a segno nella lotta quotidiana contro una criminalità sempre più aggressiva e organizzata. Un successo per il quale mi complimento con la Guardia di Finanza di Padova e del Veneto e con la Procura che ha coordinato le indagini e del quale andiamo particolarmente fieri, perché ottenuto anche con la collaborazione della Regione attraverso l’assessorato alla formazione e lavoro, che abbiamo dato e che continueremo a dare in futuro in ogni occasione possibile”.
Per Zaia “la collaborazione instaurata e portata avanti dalla Regione con la Guardia di Finanza costituisce la dimostrazione concreta che il nostro Veneto è oramai diventato una vera e propria officina della legalità. Un’officina nella quale uniamo tutte le forze disponibili per combattere ogni tipo di illegalità secondo il criterio della tolleranza zero, l’unico da applicare nei confronti di malfattori e truffatori che troppo spesso, come in questo caso, sono in maggioranza extracomunitari che cercano, e purtroppo a volte trovano, complicità a livello locale”.
Soddisfazione anche dal presidente della Confcommercio Carlo Sangalli: “molto bene l’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Padova perchè, soprattutto in un momento di crisi come questo, concorrenza sleale e ‘scorciatoie’ nel mondo del commercio non devono essere assolutamente consentite”. Secondo Sangalli “riconosciamo ed apprezziamo l’impegno e la determinazione che quotidianamente le Forze dell’ordine, come l’indagine della Gdf di Padova dimostra, mettono sul campo per contrastare i fenomeni illeciti. E’, quindi, fondamentale che gli strumenti di lotta e repressione di queste attività vengano rafforzati perché la cultura della legalità non è ancora del tutto radicata nei nostri territori”.