La discussione della riforma dello Statuto della regione Veneto si è impantanato nell’aula del Consiglio regionale di palazzo Ferro-Fini. Sovraccarico di oltre 1.200 emendamenti, molti dei quali dal chiaro sapore ostruzionistico, l’esame della proposta di riforma non procede spedita come auspicato dalla maggioranza PdL-Lega Nord, anche nell’ottica di rendere più rapido, veloce e meno costoso il processo decisionale e gestionale della regione Veneto.
Nel rimandare nuovamente la chiusura della discussione alle sedute della prossima settimana, fino ad ora è emerso chiaramente che il maggior nodo del contendere riguarda il taglio al numero dei consiglieri regionali proposto dal presidente della Regione, Luca Zaia (Ln), il quale più volte ha dichiarato che “se fosse per me, il taglio del 50% del numero dei consiglieri andrebbe bene”.
Passare da un Consiglio formato da 60 a 30 consiglieri forse è troppo drastico per una regione di oltre 4,7 milioni di abitanti, ma pure la proposta di mediazione di ridurre il numero dei rappresentanti del popolo veneto da 60 a 50 è duramente bocciata dalle opposizioni di sinistra, in particolare dai 3 consiglieri dell’Udc e degli altri tre della Federazione della Sinistra, oltre a quello dell’unione di NordEst e di Giuseppe Bortolussi, lo sfidante sconfitto da Zaia alla corsa per la presidenza della Regione. Tutti costoro sono fieramente contrari al “taglietto” dei consiglieri, in quanto temono fortissimamente per la loro rielezione, specie in presenza di un sistema elettorale maggioritario che penalizza indubbiamente la rappresentanza delle ali estreme del panorama politico regionale. Certo che se il sistema elettorale cambiasse in senso di un proporzionale puro, anche i riottosi potrebbero riconsiderare la cosa, come ha dichiarato Pierangelo Pettenò della Federazione della Sinistra veneta, visto che la loro sopravvivenza sarebbe in qualche modo assicurata. Uno scenario che non va assolutamente a genio del presidente Zaia: “il vecchio Statuto toglie il diritto a governare, oltre a rallentare la gestione della Regione. Con quello nuovo, si potrebbe varare una legge al mese per affrontare i problemi del territorio, dell’economia e della popolazione”. Pur di non mollare le loro amate “careghe”, il manipolo degli oppositori è giunto a prospettare il taglio delle indennità consiliari, in modo da ottenere quei risparmi che si avrebbero con il taglio del numero dei consiglieri ad indennità piena (che, peraltro, oggi è una delle più basse delle regioni italiane). Per i fautori del cambiare tutto perché non cambi nulla, piuttosto che fare risparmi sulla loro pelle (o, meglio, poltrone), la Giunta regionale farebbe meglio ad intervenire tagliando sui propri sprechi, ad iniziare dal “faraonico ufficio stampa che costa una follia”.
Nonostante la Commissione Statuto presieduta da Sergio Reolon (Pd) si sia riunita ben 54 volte per trovare un accordo sulla proposta di nuovo Statuto regionale, il rischio di naufragio è dietro l’angolo: lo stesso Pd, che non è contrario alla riduzione del numero di consiglieri regionali proposta dalla maggioranza Pdl-Lega Nord, chiede un sussulto di dignità, uscendo dai rispettivi radicalismi per ristabilire l’autorevolezza della Regione. Un’autorevolezza appannata anche dalle beghe striscianti all’interno della stessa maggioranza, dove una parte del Pdl è in lotta con l’ala galaniana per la gestione degli assetti interni al partito. Con il cerino acceso in mano rischia di rimanere lo stesso presidente Zaia il quale, forte della riforma dello Statuto approvata rapidamente con la riduzione del numero dei consiglieri, voleva dare un importante segnale di virtuosità a quella “Roma sprecona”, inducendola a seguire la buona via tracciata dal Veneto. Uno scenario che rischia di rimanere solo su quella montagna di carta degli emendamenti ostruzionistici in cui rischia di rimanere definitivamente impigliato il nuovo Statuto regionale.