Per le Comunità di valle, il quasi neonato (ha quasi un anno di vita alle spalle) ente intermedio tra i 226 comuni del Trentino e l’ente Provincia autonoma, potrebbero presto aprirsi le porte della loro abrogazione a mezzo del referendum popolare.
La Comunità di valle è un ente nato per superare l’esperienza fallimentare dei Comprensori, istituiti per fornire servizi ai tanti, troppi comuni della provincia di Trento, molti dei quali di dimensioni molto piccole e inadeguati a gestire i servizi di base in termini efficienti ed economici. Dopo essere state costituite con legge provinciale per subentrare ai Comprensori e dopo che la popolazione ha eletto svogliatamente il loro presidente e la relativa assemblea (con punte di astensionismo anche oltre il 50% degli aventi diritto, cosa che le ha quasi subito delegittimate), le Comunità di valle stanno entrando in funzione lentamente, forse troppo. Un rallentamento figlio sia della novità del nuovo ente, che della fiera ritrosia di molti comuni a spogliarsi delle loro competenze e del relativo personale, cosa che priva molti sindaci e giunte comunali del potere di gestire autonomamente i servizi alla popolazione.
Difese strenuamente dalla maggioranza di centro sinistra che governa la provincia di Trento e gran parte dei comuni, le Comunità di valle sono state fin dalla loro nascita al centro delle critiche delle opposizioni di centro destra, della Lega Nord in modo particolare che ora imbraccia lo strumento referendario per abrogarle a furor di popolo. La Lega Nord ha iniziato la procedura che porterà alla raccolta delle 8.000 firme necessarie per la validità della richiesta referendaria, con l’obiettivo di portare la popolazione trentina alle urne la primavera del 2012. “Una decisione presa sulla base dei risultati assenti e deludenti fatti registrare dalle Comunità in questi primi mesi della loro vita” dice il segretario nazionale del Carroccio trentino, Maurizio Fugatti, secondo cui “nel momento in cui nel Paese si punta alla semplificazione dell’assetto istituzionale con l’accorpamento dei piccoli comuni e l’abolizione delle province, non si vede l’utilità di istituire nell’autonomo Trentino un terzo livello di governo intermedio tra Provincia e Comuni. Se quest’ultimi sono troppo piccoli per gestire in proprio i servizi alla popolazione, si favoriscano forme di associazione o fusione volontaria intercomunale, decisamente molto meno costose del nuovo carrozzone comunitario”.