In crescita casi di tubercolosi tra immigrati e profughi

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Luis DurnwalderUrgono provvedimenti a tappeto

Dopo il caso dell’infermiera dell’ospedale di Roma che inconsapevolmente ha contagiato oltre 100 neonati del reparto maternità dove prestava la sua opera, nuovi casi di tubercolosi emergono anche in Trentino Alto Adige.

Dopo i tre casi di tubercolosi rilevati in differenti aziende altoatesine, la provincia di Bolzano è corsa ai ripari ordinando test anti-Tbc obbligatori a tutti i profughi in arrivo in Alto Adige. Chi risulterà positivo ai controlli, non avrà i documenti che servono per l’ottenimento del permesso di soggiorno. Una decisione destinata a far discutere, se non per il fatto che essa risulta parziale, in quanto l’obbligatorietà rivolta ai soli profughi – che in Alto Adige costituiscono un numero ridotto: 214 in tutto – trascura tutto il molto più grande universo degli immigrati regolari e non, molti dei quali provenienti da zone dove malattie come la Tbc, e radicata in Italia ed in Europa, sono ancora endemiche.

In Trentino la situazione è ancora sotto esame, visto che il competente assessore alla sanità Ugo Rossi (Patt) non ha ancora chiaro il quadro della situazione, nonostante in provincia ci siano 212 profughi e una marea di immigrati legali e non (circa il 6% del totale della popolazione residente). Il presidente della provincia di Bolzano Luis Durnwalder è chiaro: “i casi di tubercolosi riscontrati in queste settimane ci hanno spinto ad agire, prevedendo per tutti i profughi in arrivo in provincia il test TBC all’interno dei centri di Bolzano e di Merano dove vengono ospitati. Se l’esito sarà negativo, i profughi potranno rimanere e andare in questura a presentare la domanda per ottenere lo status di profugo. In caso di test positivo, i profughi dovranno prima sottoporsi alle cure mediche necessarie in una delle strutture del territorio”.

Intanto, sono state oltre 700 le persone, entrate in contatto con i tre profughi positivi alla Tbc, che hanno dovuto sottoporsi al test. Una situazione che evidenzia la necessità di adeguare la normativa vigente per attivare controlli capillari su tutti gli immigrati al fine di non esporre la popolazione ad inutili rischi di contrarre malattie pericolose, da anni scomparse in Italia e in Europa per le quali non si applica più alcuna profilassi vaccinale.